La storia tenuta fuori
Qual è l’evento più significativo del 1938? La vittoria italiana ai mondiali di calcio. Questo si evince dalla cronologia che accompagna una simpatica mostra in corso nella mia scuola sui giornalini scolatici dagli anni ’30 del secolo scorso a oggi. La mostra è stata organizzata in collaborazione con l’associazione degli ex allievi e, a quanto mi dicono, sono stati loro a curare la cronologia. Dunque, una volta tanto non si tratta di discutere sulla consapevolezza storica dei ragazzi di oggi, quanto su quella dei ragazzi di ieri. E probabilmente non è il caso di polemizzare: in fin dei conti lo scopo della mostra era di dar conto, attraverso i giornalini scolastici e altri documenti, di un secolo di vita italiana così come è stato percepito dagli studenti che si sono alternati per un secolo sui banchi della scuola, e, se la maggior parte degli ex allievi sente che l’evento più importante del 1938 è stato la vittoria italiana ai mondiali di calcio, forse non sarebbe stato giusto parlare forzatamente e senza sincerità delle leggi razziali. Rimane tuttavia un po’ di amaro in bocca quando si pensa alla toccante testimonianza di Giorgina Arian Levi sul suo allontanamento come insegnante proprio da quella scuola. A quanto pare le leggi razziali non hanno colpito solo i nostri genitori e i nostri nonni, ma in qualche modo continuano a colpire anche noi costringendoci a una memoria segregata, diversa da quella degli altri: nessun ebreo potrebbe mai pensare al 1938 come all’anno della vittoria italiana ai mondiali di calcio.
Scorrendo il resto della cronologia noto poi altre curiose anomalie: la storia italiana è del tutto assente, della seconda guerra mondiale sono ricordati solo Pearl Harbor e lo sbarco in Normandia, il 1945 è l’anno della bomba atomica ma non della liberazione, il 1946 è ricordato per la costruzione del primo computer elettronico e non per la repubblica, del 1948 si ricorda la nascita dello stato di Israele (un punto a favore della cronologia, devo ammetterlo) e non l’entrata in vigore della nostra Costituzione. Eppure è impossibile che gli studenti di allora non si siano accorti della fine della guerra e del fascismo, così come è impossibile non accorgersi che il 25 aprile e il 2 giugno sono giorni di vacanza. Mi viene il dubbio, allora, che si sia scelto volutamente di tenere lontano tutto ciò che poteva anche solo lontanamente puzzare di politica: forse un tempo la scuola appariva come un’oasi in cui si studia e ci si gode la giovinezza lontano dalle tensioni e dalle brutture della storia. Anche la mostra dei vecchi giornalini pare confermare questa impressione. Tutt’altra cosa oggi: il giornalino è ricco di attualità e dibattiti politici, con un confronto franco e aperto tra diverse idee e opinioni. Se tra qualche decina d’anni i futuri ex allievi metteranno in mostra i giornalini di oggi non potranno evitare di ragionare e far riflettere sulla storia dei primi anni 2000; tutto sommato i giovani d’oggi si dimostrano più maturi e consapevoli di quelli di ieri e questo fa ben sperare sui giovani di domani.
Anna Segre, insegnante
(22 novembre 2013)