Sapori – Terra e giustizia, le nuove frontiere

daniele nierenbergAnalisi e sfide del sistema agroalimentare, questi i temi della quinta edizione dell’International Forum on Food & Nutrition organizzato dal Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN), che è cominciato questa mattina a Milano, all’Università Bocconi, e si concluderà domani sera. Tra i punti principali la gestione delle risorse naturali con particolare riferimento all’acqua, la sostenibilità della filiera, lo spreco alimentare e il valore del cibo in una prospettiva futura. Fra i relatori anche Danielle Nierenberg, membro dell’advisory board del Forum, e Daniel Chamovitz, direttore del Manna Center for Plant Biosciences all’Università di Tel Aviv. Il BCFN è un centro nato nel 2009 che ha l’obiettivo di analizzare i grandi temi legati all’alimentazione e alla nutrizione nel mondo, con un approccio multidisciplinare. Sul numero di Pagine Ebraiche di dicembre attualmente in distribuzione, sul dossier con un’intervista a Danielle Nierenberg e un intervento del Daniel Chamovitz.

La velocità dell’eloquio di Danielle Nierenberg è alta quanto l’entusiasmo che trasmette. “L’attivismo è l’affitto che pago per vivere su questo pianeta” è la frase campeggia sul profilo twitter dell’autrice di libri, giornalista, ma soprattutto attivista fin da quando ancora liceale ha deciso diventare vegetariana. Perché l’ambito in cui Danielle, adesso trentacinquenne plurilaureata, riversa tutto il suo spirito combattivo è quello dell’alimentazione, per la precisione del cibo sostenibile. “Sostenibile perché tutela e rispetta chi lo produce, chi lo consuma e il pianeta, attraverso modalità che cercano di aggiustare un sistema malato per cui c’è chi non ha cibo e chi ne ha troppo”. Questo impegno l’ha portata nel 2013 a fondare insieme alla collega Ellen Gustafson, l’organizzazione Food Tank “per promuovere storie di cibo e successo e trarne esempio”. “Lo scopo primario – spiega – è quello di mettere insieme delle persone, concentrare un’azione concreta intorno a chi si occupa di cibo a tutti i livelli, contadini e produttori, ricercatori e scienziati, accademici e giornalisti, fino ad arrivare anche ai leader governativi”. Si tratta di sostenere le persone che coltivano, producono e servono il nostro cibo, un milione delle quali, in un paradosso crudele, vive sotto la soglia di povertà. Ma anche di evitare sprechi: perché il 25 per cento del cibo buttato negli Stati Uniti e in Europa sarebbe sufficiente per porre fine al problema della malnutrizione nel mondo, che invece va di pari passo con tassi di obesità sempre in crescita. Tutto questo deve passare in primo luogo attraverso un’agricoltura sostenibile. Ma che cosa significa esattamente? “È sostenibile un’agricoltura che non i n q u i n a l’aria, che non spreca acqua, che usa energie rinnovabili evitando così il riscaldamento globale. È sostenibile un’agricoltura che non sfrutta i suoi lavoratori e aiuta l’economia locale di zone povere, offrendo allo stesso tempo lavoro e cibo”. Tutto gira intorno all’idea di resilienza, sottolinea con insistenza Danielle: “Si tratta della forza di cambiare le cose che succedono, della capacità di reagire ai disastri. Per esempio adesso, con l’uragano che si è abbattuto sulle Filippine, ho sentito una coppia di contadini che vive lì, e hanno rilevato che i terreni attualmente in stato migliore sono quelli in cui si pratica un’agricoltura sostenibile”. Per sintetizzare “è sostenibile un’agricoltura che oltre a nutrire noi, nutre anche il pianeta”. E nutrire il pianeta è proprio il tema al centro dell’Expo 2015, che si svolgerà a Milano. Danielle sembra molto fiduciosa: “È proprio questo il momento di agire, e il vero cambiamento deve partire dal basso, dai contadini e dai produttori, ma soprattutto da me e da te, dalla gente comune, che bisogna incoraggiare”. Per riuscirci, Danielle gira il mondo. La si può incontrare in uno dei paesi dell’Africa Sub-sahariana, dell’Asia e dell’America latina che ha visitato per portare la ricerca sul campo, e qualche giorno dopo pronta per la platea dell’International Forum of Food and Nutrition del Barilla Center di Milano, in cui Danielle è membro dell’Advisory Board. Ma l’agricoltura sostenibile ha a che fare con molto più che il semplice cibo. “Il punto principale – spiega – è che fino a solo trent’anni fa, si identificava nell’agricoltura la causa di molti problemi: cambiamenti climatici, fame, obesità. Ora è invece chiaro che l’agricoltura costituisce proprio la soluzione per tutte queste sfide. Quando praticata nel modo giusto, può incrementare la biodiversità, la qualità del terreno, la salute, le emissioni di gas. Investendo un dollaro nell’agricoltura, si investe su tutta una comunità: sicurezza alimentare, equità di genere, posti di lavoro. Ed essendo un fattore così legato all’economia, l’agricoltura influenza anche la politica: le primavere arabe o la situazione della Siria non si generano per caso, ma sono il risultato di moltissimi fattori legati al prezzo del grano e di altri beni alimentari”. Ma la sostenibilità si ritrova anche nelle piccole cose. E così Danielle si ritrova a scrivere articoli con i suoi consigli per un Pesach sostenibile. “Perché – spiega – l’ebraismo in costituisce un retroterra culturale che genera un senso di stabilità molto forte, di ciò che è giusto o sbagliato. E questo è importante per tutti, non importa di che religione” .

Francesca Matalon, Pagine Ebraiche, dicembre 2013

(26 novembre 2013)