Guardare in faccia il nostro futuro
Per guardare in faccia il passato è necessario applicarsi allo studio e sviluppare capacità di analisi e di critica. Per guardare in faccia il futuro le stesse qualità non sono sufficienti, ne occorrono anche altre molto più rare, come dimostra il fatto che nessuno, neanche i più grandi specialisti, può vantarsi di aver previsto, solo cinque anni fa, le condizioni nelle quali attualmente si trova il mondo. Si deve onestamente riconoscere che la realtà ha largamente superato non solo le più audaci previsioni scientifiche, ma anche quelle più fantastiche. Nessuno è riuscito a dimostrare di possedere sufficiente capacità di interpretare e di operare la sintesi fra sintomi e i segnali di allora, con l’acutezza, la spregiudicatezza e la libertà da vincoli ideologici e culturali, risalenti al passato, che sarebbe stata necessaria per capire le nuove linee di tendenza. Chi guarda esclusivamente al passato può anche subire senza conseguenze il fascino delle gesta degli antenati e persino sviluppare nei loro confronti un sentimento di sacralità. Chi deve guardare al futuro, chi ha la volontà e la responsabilità di progettare e programmare il mondo che verrà, quello nel quale vivranno i figli e i nipoti, pur mantenendo il rispetto per la memoria e per i valori tradizionali, non può farne oggetto di culto o peggio di idolatria. Le stesse caratteristiche che possono essere considerate positive in chi studia il passato, possono produrre effetti deleteri in chi, lavorando per il futuro, per nessun motivo potrà mai rinunciare alla massima libertà di giudicare, di creare, di progettare e persino di fantasticare e di sognare.
Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Pagine Ebraiche, dicembre 2013
(27 novembre 2013)