Tea fo two – Sorrisi
Mossa suicida: decido di uscire appena finito Shabbat e imbarcarmi per le vie del centro. Come vecchie imbellettate, le palazzine rimandano lucine al neon (un pesante ombretto blu) e gialli canarino squillanti. Mi districo tra la folla ed è sempre la stessa scena da giorni: quattordicenni che si sbaciucchiano sotto le guglie del Duomo, un Winnie The Pooh travestito che inquieta i bambini, gli onnipresenti gadget di Peppa Pig, le castagne fumanti, la musica perforante. Mi sento improvvisamente una stagista solitaria. Sarà che mi sono giocata il mio stipendio per comprarmi una borsa, sarà che la follia natalizia non ha alcuna presa su di me. Sarà che ho fame. Non so bene di cosa, se di rivincita o panino kasher in Piazza da prendere al volo prima di incontrare qualcuno che non ti vorrà salutare. Sarà che mi manca la mia Feltrinelli di Largo Argentina, con i libri al posto giusto e il bar al piano di sopra. Ho sempre sognato di essere una Tamara Drewe; tornare nel mio paesino con l’aria diversa, di chi ce l’ha fatta. La realtà è che sono sempre io: anche in una grande azienda, anche con una scrivania. Non ostento sicurezza che non ho e passo le mie giornate a tediare i colleghi con kasherut e Shabbat. Sospetto che prima o poi mi stordiranno con un prosciutto in testa per porre fine a questa ossessione ebraica. Nonostante sembriamo una coppia in crisi, mi appiglio continuamente al mio ebraismo. Quelle regole che mi isolano dagli altri mi fanno paradossalmente sentire anche meno sola. Non so davvero se tornerò a casa come Audrey Hepburn in Sabrina, con un nuovo taglio di capelli e completi francesi. Non so se farò la scena alla Diavolo veste Prada di buttare il cellulare in una fontana. So però che nonostante tutto non sarò più la stessa a differenza di quanto ho scritto sopra. E per una volta, questo pensiero mi strappa un sorriso.
Persino di fronte a Peppa Pig.
Rachel Silvera, studentessa/stagista
(16 dicembre 2013)