Nugae – The Parisianer
L’ideale per darsi un tono e far finta di essere una raffinata cosmopolita un po’ intellettuale, ma senza annoiarsi o impelagarsi in letture troppo impegnate (tipo pretendere di portare come libro da vacanza Danubio di Claudio Magris, illusa), è leggere il New Yorker. Ha il fascino chic della genialità sottile abbinata all’attualità più d’élite e deliziosa, alimentato da scritti giovanili di futuri autori classici. E poi ci sono le copertine, un amore nato tempo addietro grazie a un utilissimo regalo di compleanno consistente in un cofanetto che ne contiene cento sotto forma di cartoline. Per di più il tasso di ebraicità è praticamente pari a quello di ogni altra testata contenente la parola jewish. Lasciando perdere gli exploit verbali, fra gli illustratori più famosi ci sono Art Spiegelman che disegna rabbini innamorati, o Rick Meyerowitz e Saul Steinberg con la loro immaginazione cartografica. Ecco, prendendo nota di dovermi dare una regolata con le introduzioni, si può finalmente venire al punto: i designer francesi Aurélie Pollet e Michael Prigent si sono ispirati a tutta quest’arte newyorchese per immaginare un’ipotetica rivista parallela ma legata a Parigi, che hanno pensato bene di chiamare The Parisianer e di cui hanno prodotto solo ed esclusivamente le copertine. Cento anche quelle per la precisione, disegnate da altrettanti artisti da tutto il mondo ed esposte in una mostra. Esperimento ben riuscito, anche perché Parigi si presta a essere stereotipata con grazia. Ci sono barboncini impettiti, ballerine del Moulin Rouge con capelli rosa, e bistrot tristemente lasciati vuoti da una folla in coda al baracchino degli hamburger. La Tour Eiffel, che ha anche un tantino stufato ma è inevitabile, imperversa: fatta di fiammiferi per essere accesa, mascherata da traliccio dell’alta tensione e come scorcio da qualunque finestra. Ma le migliori sono quelle che contengono la nota dolcemente sarcastica stile New Yorker: mentre una nevicata imbianca un boulevard un omino se ne sta in una palla di vetro di quelle da souvenir kitsch, un giardiniere taglia dal tronco e dai rami di un albero già a righe bianche e nere quei cilindri che danno al cortile del Palais Royal un’atmosfera un po’ da Alice nel paese delle meraviglie, un elegante signore tutto scuro nell’ombra che guarda da un balcone in ferro battuto la strada e alcuni uccelli neri com’esuli pensieri nel vespero migrar sembra la versione cupa di un quadro di Caillebotte. L’unico problema di tutto ciò è che nel video di presentazione della mostra la voce la nomina in un modo che suona qualcosa come “Ze Parisianèr”: questi francesi rovinano sempre tutto appena aprono la bocca.
Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche twitter @MatalonF
(29 dicembre 2013)