Qui Torino – Note per non dimenticare
Come nel resto d’Italia, anche a Torino il programma del Giorno della Memoria prevede incontri, concerti, appuntamenti che riempiono il calendario per più di una settimana. La programmazione è da anni elaborata insieme da Comune, Provincia e Regione, con la partecipazione e il sostegno delle tante organizzazioni che propongono moltissime occasioni di conoscenza e approfondimento. A partire dal seminario organizzato lunedì scorso su “Le politiche della memoria nel secondo dopoguerra” tutti gli incontri sono stati molto seguiti e un pubblico numeroso ha partecipato, alla presentazione del libro “Di pura razza italiana” di Mario Avagliano e Marco Palmieri, agli incontri preparati dagli studenti di vari licei cittadini, così come agli spettacoli organizzati per adulti e per ragazzi e ai laboratori per bambini, fino alle visite guidate che hanno proposto un percorso a piedi attraverso i luoghi della deportazione e dell’occupazione nazifascista a Torino.
Ieri pomeriggio in particolare un foltissimo pubblico ha seguito con evidente commozione quello che non si può definire solo concerto: nei locali del conservatorio cittadino, infatti, la Comunità Ebraica di Torino, insieme all’Associazione Melos Arte Musica e all’Asset, Associazione ex allievi e amici della Scuola Ebraica di Torino, ha organizzato un vero e proprio spazio di riflessione. Il discorso iniziale del sindaco Piero Fassino, che ha raccolto molti consensi sottolineando come la Memoria non sia solo giusta e necessaria, ma anche un dovere di tutti, si è intrecciato con le parole di Giulio Disegni, che ha ricordato come “Oggi, in questa giornata di grande valore simbolico, parliamo di memoria, una memoria viva e vissuta, non una memoria per il gusto di ricordare. Il popolo ebraico è il popolo della memoria: Zakhor, ricorda in ebraico, è un imperativo biblico categorico, che deve fare i conti con una realtà che deve essere condivisa: quello che è accaduto al tempo delle infami leggi razziali non è un problema che riguarda gli ebrei, ma riguarda l’intera società.”
Nel suo discorso introduttivo incentrato sul ringraziamento a coloro che si sono assunti il rischio di aiutare, di nascondere, di salvare chi stava fuggendo, il presidente della Comunità ebraica Beppe Segre ha raccontato come la motivazione prevalente sia stata, nelle parole degli stessi Giusti di una semplicità oggi disarmante, da ricordare: “questa era la cosa che si doveva fare”.
Durante il pomeriggio, oltre alla bellezza della musica – sono stati eseguiti brani di Edvard Grieg, Ernest Bloch, Gustav Mahler e il Kol Nidrei di Max Bruch – Liliana Picciotto, del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano ha proposto una riflessione storica, e ha presentato una apprezzata relazione sul Progetto memoria del Cdec.
Un altro momento emozionante è stato quello della consegna degli attestati di riconoscimento ai componenti delle famiglie di coloro che misero a repentaglio la propria sicurezza per aiutare chi era in pericolo immediato, rappresentati dai membri delle famiglie di coloro che vennero salvati.
Sala piena ieri pomeriggio anche al Museo Diffuso, dove i relatori della tavola rotonda “Graphic novel e Shoah” hanno ragionato sul senso e sul valore dei fumetti che trattano la Memoria con una profondità e una sensibilità sempre maggiori.
Oggi gli appuntamenti sono proseguiti con la cerimonia di commemorazione al cimitero monumentale e l’orazione ufficiale che quest’anno è stato tenuta da Bruno Segre, avvocato, giornalista, politico, e presidente dell’ANPPIA, l’Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti, che con grande lucidità e spirito indomito ha ricordato che “Ormai sono soltanto io, e forse pochissimi altri, a potere dire di avere vissuto quelle vicende. Sono un cronista di 95 anni, il testimone di un’epoca.”
Questa sera, invece, al Centro Sociale della Comunità, Eyal Lerner, artista eclettico, proporrà il sui spettacolo “…Che non abbiano fine mai”, realizzato in collaborazione con la comunità e con gli studenti del liceo Cavour. La serata è costruita intorno alla figura di Chana Senesh, poetessa ungherese prima immigrata nella Palestina mandataria poi volontaria nell’Europa occupata e catturata dai nazisti.
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(27 gennaio 2014)