Time out – Veneziani
È dannatamente pericolosa la riflessione di Marcello Veneziani su il Giornale di ieri in cui sostiene che la Shoah abbia sostituto nell’immaginario collettivo la crocifissione di Gesù come emblema del male assoluto. Paragonare un evento storico come lo sterminio degli ebrei ad un evento religioso che, seppur fondamentale e importante per miliardi di persone, è circoscritto al campo della fede, rischia di causare pericolosi equivoci. In primis, quella di degradare la Shoah a atto di fede collettiva e non invece a fatto storico la cui storicità è monito perenne degli effetti del razzismo e dell’antisemitismo. Tra l’altro la Shoah non relativizza nulla, men che meno la crocifissione di Gesù che rimane un evento emblematico per i cristiani e in parte per l’umanità, ma che non poteva rappresentare prima, né può farlo ora, l’intera collettività umana. Per quanto dispiaccia a Veneziani il senso della Shoah dopo settanta anni dovrebbe essere per l’appunto questo. Il fatto che lo sterminio di milioni di persone non riguardi solo le vittime, ma anche chi a distanza di settanta anni quella storia l’ha conosciuta solo tramite i libri e i racconti. Proprio perché quelle vittime non è che meritino un ricordo particolare, ma perché del più grande dramma dell’umanità bisognerebbe farne esperienza prima ancora che per gli ebrei, per tutti quelli che ancora oggi vengono sterminati in ogni angolo del mondo. A dimostrazione di come in realtà, alle volte, sembri che la Shoah non abbia insegnato niente a a nessuno. Tantomeno a una società come la nostra che, oltre a un po’ di vuota retorica, continua a rimanere indifferente al male che avviene nel mondo.
Daniel Funaro
(30 gennaio 2014)