Qui Venezia – Lo sport come propaganda
Inaugurata al Museo ebraico di Venezia la mostra “Sport, sportivi e giochi olimpici nell’Europa in guerra (1936-1948)” a cura del Mémorial de la Shoah di Parigi. Ad accompagnare l’esposizione si è svolto ieri un seminario caratterizzato dagli interventi di Laura Fontana, responsabile per l’Italia del Mémorial de la shoah, su “Lo sport sotto il Terzo Reich tra discriminazione e dissidenza” e di Mauro Valeri, responsabile dell’Osservatorio su razzismo e antirazzismo nel calcio, dal titolo “Esclusione e razzismo nello sport durante l’Italia fascista. I casi dei pugili Leone Jacovacci e Settimio Terracina”.
Il seminario di Formazione è stato organizzato da Museo ebraico di Venezia, Comunità ebraica di Venezia, rappresentata dal consigliere Enrico Levis, e Coopculture, in collaborazione con ADEI WIZO – sezione di Venezia – nell’ambito delle manifestazioni del coordinamento cittadino della Città di Venezia per il Giorno della Memoria ed stato reso possibile dalla fattiva collaborazione con il Mémorial de la Shoah di Parigi .
“La mostra – ha spiegato Laura Fontana – non è commemorativa. Di certo vuole tramandare la memoria di molti sportivi e sportive la cui carriera è stata spezzata dal regime nazista, ma è una mostra che vuole utilizzare lo sport come chiave di lettura per interpretare quel periodo storico così buio”.
La rassegna racconta, attraverso filmati, fotografie, oggetti e documenti d’archivio in parte inediti diversi aspetti della storia dello sport nell’Europa degli anni ’30 e ‘40 ricostruendo il contesto storico-politico e ripercorrendo la biografia di personaggi legati allo sport la cui carriera fu sconvolta dall’ascesa del nazifascismo o che si prodigarono per salvare centinaia di perseguitati.
Un’attenzione particolare è stata riservata allo sport come strumento di propaganda durante il fascismo e il nazismo. Gli obiettivi principali erano quelli di controllare e inquadrare la gioventù, addestrare i giovani tedeschi per un eventuale attività militare e dimostrare, attraverso l’eccellenza atletica, la presunta superiorità della razza ariana.
Le Olimpiadi, in particolare, verranno strumentalizzate dal punto di vista ideologico per la diffusione della propaganda nazista in Europa. Come reazione, vengono lanciati diversi appelli a boicottare i Giochi in nome dei principi fondamentali delle democrazie e dello spirito olimpico. Campagne di boicottaggio che risultano però inefficaci di fronte alla rinuncia dei comitati olimpici nazionali a prendere una posizione netta in merito.
La specificità della politica sportiva nazista rispetto a quella fascista è però profonda. Il corpo, nella sua accezione teorica, non viene mai concepito come elemento individuale, ma sempre collettivo. È il Volkskörper, il corpo della nazione che deve essere mantenuto in buona salute e temprato alla fatica come dimostrazione di superiorità razziale, ma anche come mezzo per mondare la razza tedesca, il cui sangue “puro” è insozzato da quello degli inferiori, in primis gli ebrei.
Michael Calimani
(4 febbraio 2014)