Qui Milano – Chabad, la gioia di fare ebraismo
Sono passati oltre 55 anni da quando i primi shlichim (“emissari”) del movimento chassidico Chabad-Lubavitch, rav Gershon Mendel Garelik e sua moglie Bessie, sono arrivati a Milano. La parola Chabad rappresenta l’acronimo di Chochmah, Binah, Da’at, cioè saggezza, comprensione e conoscenza, mentre Lubavitch è il nome del piccolo villaggio russo da cui il gruppo originariamente proviene. Una delle caratteristiche del movimento è quella di essere presenti (anche) negli angoli più sperduti del globo, con giovani coppie che diventano il punto di riferimento ebraico di residenti e viaggiatori offrendo pasti kasher, celebrazioni di Shabbat, attività di ogni genere. Non sempre senza controversie: complessi sono talvolta i rapporti con le istituzioni ebraiche ufficiali laddove presenti. Molto speciale il rapporto dei Lubavitch con la figura del rebbe, leader spirituale di ogni gruppo chassidico, una carica che viene normalmente trasmessa all’interno della stessa famiglia: l’ultimo rebbe di Lubavitch Menachem Mendel Schneerson (1902-1994) diede straordinario impulso a Chabad trasformandolo in quello che è oggi, e alla sua scomparsa non venne sostituito. Nell’ebraismo del capoluogo lombardo quella di Chabad è una presenza forte, con la propria scuola, il seminario post liceale per ragazze (nell’immagine la visita al seminario del vicesindaco Ada Lucia De Cesaris, con la partecipazione, tra gli altri, del presidente della Comunità Walker Meghnagi) , diversi Batei Knesset (sinagoghe) che a Lubavitch fanno riferimento, attività per bambini e per giovani. Essenziale la filosofia di fondo, tipica del chassidismo: la grande gioia del fare ebraismo, di cui è emblema per esempio l’organizzazione dell’accensione pubblica delle luci di Chanukkah con musiche, balli e bomboloni nelle piazze di tante città italiane, come nel resto del mondo.
Rossella Tercatin
Da New York a Milano, 55 anni di shlichut, impegno e iniziative
Era il 1958. Una giovane coppia, 19 anni lei, 26 lui, nel mese di dicembre, arrivava in una Comunità in cui ancora tantissimo era da costruire o da ricostruire. Bessie Garelik ricorda bene quel periodo. Si era appena sposata, e il rebbe di Lubavitch Menachem Mendel Schneerson spiegò a lei e al marito rav Gershon Mendel Garelik che un ebreo che viveva a Milano, Carlo Zippel, gli aveva chiesto che venisse mandata nella città del Nord Italia una coppia di giovani. “Chabad ha sempre mandato in giro degli inviati, sin dai tempi in cui si trovava ancora in Russia – spiega la signora Garelik – ma negli anni ’50, con il nuovo rebbe, divenne un vero e proprio pilastro. ‘Ufaratza’ è scritto, ‘ti diffonderai’. Così arrivammo qui, la stessa settimana in cui avrei compiuto vent’anni”. Che effetto faceva essere proprio a Milano? “Devo ammettere che nella mia prospettiva era la stessa cosa che trasferirmi in Congo. A New York tutti gli italiani che conoscevo non erano ebrei e facevano i calzolai… Arrivata qui, ricordo che impressione mi faceva andare al mercato a comprare la verdura non con sacchetti, ma con le reti di tela. Però, anche in questo, HaShem ci venne in aiuto, proprio vicino a casa nostra si inaugurò il primo supermercato Esselunga!”. Rav Garelik iniziò a occuparsi, tra le altre cose, della sinagoga ashkenazita Ohel Ya’akov. Tra i compiti affidati alla rebbetzin, quello di aprire un asilo nido. WIl segretario del rebbe mi disse: ‘Vedrai che se D-o vorrà, i tuoi primi allievi saranno poi anche i tuoi collaboratori’. E aveva ragione, perché è esattamente quello che è successo”. Oltre all’asilo nacque il campeggio estivo per bambini Gan Israel. “Non fu sempre facile, qui non si era abituati al tipo di attività che organizzavamo noi. Per esempio molti non capivano quale fosse davvero il ruolo di una rebbetzin. Eppure, anche con l’aiuto della famiglia Zippel, che sostenne sempre molto le nostre attività, e di tanti altri, pian piano siamo cresciuti”. Ben presto arrivarono a Milano altri inviati Chabad. Dopo mezzo secolo, la scuola va dall’asilo nido fino al liceo (quest’ultimo per ora solo femminile, e consente di conseguire la maturità israeliana), sono numerose le sinagoghe gestite da rabbini Lubavitch, c’è il seminario post liceale per le ragazze, e una casa di studio per i giovani, prosegue il campeggio per bambini, si sta lavorando per la creazione di un importante Jewish Center. Verso Chabad a Milano vengono però anche rivolte delle critiche, così come verso altri gruppi che nell’ambito della kehillah milanese e delle sue tante anime (anche legate alle diverse origini geografiche della sua popolazione) hanno dato vita a iniziative parallele a quelle della Comunità ebraica istituzionale. Attività che a parere di molti favoriscono eccessiva frammentazione, che rende più difficoltosa anche la sostenibilità dal punto di vista economico. “Io penso che il fatto che in città esista diversità e ricchezza di offerta ebraica sia un bene – l’opinione di Bessie Garelik – Per esempio ricordo come sin dagli anni ‘60/’70 alla scuola della Comunità molti protestavano per la scarsa attenzione alle materie ebraiche, altri invece per l’eccessivo spazio che veniva loro concesso. Per noi era fondamentale un istituto in cui mezza giornata fosse dedicata agli studi ebraici e mezza a quelli secolari. Tuttavia sono d’accordo sul fatto che sarebbe bene che ci fosse molta più collaborazione in questa prospettiva, e noi siamo più che disponibili”. Rav Garelik e sua moglie oggi hanno sette figli (due a Milano, tre a New York, uno in Texas e uno a Bruxelles), 55 nipoti e oltre sessanta pronipoti sparsi in tutto il mondo. “Siamo felici di essere venuti qui a Milano – sottolinea sorridendo Garelik, circondata dalle ragazze del seminario Beis Chana nato proprio su suo impulso otto anni fa – Sono sicura che questo sia stato per noi il miglior posto nel mondo in cui potevamo capitare”.
Beis Chana: da tutto il mondo per scoprire se stesse
“Concorso fotografico del Beis Chana!”. “Spettacolo 5774 – Audizioni per recitazione, canto, ballo. Buona fortuna principesse!”. “Workshop cantare in armonia”. Sono alcuni degli avvisi appesi alle pareti giallo pastello della struttura inaugurata quest’anno che ospita il seminario Chabad Beis Chana, un anno di corsi e formazione post liceale per ragazze. Una realtà che è giunta all’ottava edizione e non smette di crescere e di proporre novità (quest’anno per esempio è partita una classe bet di secondo livello). A raccontare di cosa si tratta è Bessie Garelik, grande anima dell’iniziativa che gestisce insieme a rav Sendi Wilschansky e sua moglie Freida. “Il principio di base è quello di dare alle ragazze un anno di esperienze tra la scuola superiore e il loro ingresso nel mondo. Il focus è certamente lo studio, ma anche la preparazione alla formazione di una famiglia ebraica. E in particolare ci tengo a far capire loro che è possibile realizzarsi al cento per cento in modo perfettamente kasher, senza andare a cercare altrove ciò che si sogna. Per esempio il romanticismo… Ce n’è così tanto nello Schulchan Aruch” sottolinea la rebbetzin, moglie di rav Gershon Mendel Garelik, che quando arrivò a Milano dagli Stati Uniti nel 1958 insieme al marito aveva 19 anni, proprio come le sue studentesse. Ragazze che provengono da tutto il mondo, Stati Uniti, Canada, Australia, Brasile, Israele, qualcuna anche da Milano, e che appartengono a famiglie che si riconoscono in Chabad, precisa la signora Garelik. Chabad che costituisce un movimento chassidico che è una delle espressioni dell’ebraismo haredi, di cui vengono dunque seguite le regole fondamentali, come la modestia nel vestire (e infatti le ragazze indossano tutte gonne sotto il ginocchio e magliette con le maniche lunghe e prive di scollature, pur interpretate da ciascuna con grande diversità di stili e gamma di colori) o il fatto che le performance artistiche cui fanno riferimento gli annunci siano destinate esclusivamente a un pubblico femminile. Oltre agli studi ebraici, alle studentesse vengono offerti momenti di farbrengen, termine yiddish che indica le riunioni chassidiche, con relatori speciali per il confronto su molti argomenti, e la visita di alcune città (Venezia, Firenze, Roma, Praga), attività di volontariato, alla scuola del Merkos e non solo. “Le ragazze vanno ogni settimana alla Casa di Riposo della Comunità per esempio – spiega ancora la rebbetzin – Mi piacerebbe che potessero aiutare anche nelle altre scuole ebraiche se ce n’è bisogno, o che comunque tutto l’ebraismo milanese potesse godere degli effetti positivi della loro presenza”. La competizione per essere selezionate è molto forte, perché i seminari come il Beis Chana in tutto il mondo sono ancora pochi, mentre la domanda cresce sempre di più (“Abbiamo avuto almeno il doppio delle richieste” sottolinea Garelik). Chiedendo loro come si trovano a Milano e al Beis Chana, le ragazze sprizzano entusiasmo. “È fantastico, il posto migliore del mondo, gli insegnanti migliori del mondo”. Bessie sorride. Forse ripensa al suo arrivo in città. Così tanti anni prima, ma con lo stesso spirito.
Il Jewish Center di Libeskind verso Expo 2015
L’idea in cantiere è ambiziosa e per capirlo, basta guardare il nome cui la faccenda è stata affidata: è l’architetto star Daniel Libeskind. È lui che sta lavorando al progetto del Jewish Center del movimento chassidico Chabad Lubavitch a Milano. Il realizzatore del Museo ebraico di Berlino, cui è stato commissionato anche il nuovo World Trade Center di New York, con il capoluogo lombardo ha un rapporto speciale, ci ha vissuto alcuni anni, si sta occupando della Torre che porterà il suo nome nel complesso di CityLife. E non è nuovo nemmeno alla collaborazione con Chabad, che gli ha affidato la realizzazione di un Chabad Center a Porto Alegre Brasile (nell’immagine un rendering del progetto). Già annunciato alcuni anni fa, il Milan Jewish Center ha ricevuto negli ultimi tempi nuovo impulso. L’obiettivo, nel capoluogo lombardo, è che la struttura possa essere pronta per l’Esposizione universale del 2015, quando sono attesi in città milioni di visitatori. Un centro multifunzione per riunire molte delle attività, lezioni e approfondimenti organizzati da Chabad, ma anche “un punto di riferimento per la diffusione della cultura ebraica, delle proprie tradizioni e dei messaggi che l’ebraismo ha per il mondo. Esposizioni d’arte, serate musicali, convegni di medicina, di etica. Di attualità. L’ebraismo milanese deve poter esporre il proprio punto di vista, il proprio retaggio, la propria cultura e proporlo alla città. Questo non è un progetto autoreferenziale” lo aveva descritto uno dei responsabili, Gheula Canarutto, nel 2009, illustrandolo nel corso di una serata in ricordo delle vittime della strage terroristica di Mumbai avvenuta nel dicembre 2008, quando persero la vita tra gli altri anche due giovani shlichim Chabad, Gavriel e Rivka Holzberg.
Una cucina sociale (kasher) per pensare agli altri
“L’apertura di una cucina sociale kasher a Milano, capitale italiana del volontariato, si inserisce perfettamente nel tessuto sociale e culturale di questa città tollerante, aperta, multietnica e multiculturale”. Con queste parole rav Igal Hazan, preside della scuola ebraica del Merkos L’Inyonei Chinuch, ramo educativo del movimento chassidico Chabad ha salutato l’inaugurazione della prima cucina sociale kasher d’Italia nella sede dell’istituto, in un’iniziativa che affiancherà la funzione di mensa a quella di preparare pasti secondo le regole della legge ebraica che potranno essere ritirati in assoluta discrezione da tutti coloro che ne facciano richiesta, appartenenti o meno alla Comunità, seguendo l’esempio di due istituzioni simili create da Chabad in Australia e in Brasile. Grande l’interesse riscosso nelle istituzioni, confermato al taglio del nastro dell’iniziativa (nell’immagine a destra in alto il vicesindaco Ada Lucia De Cesaris insieme ai rabbini Igal Hazan e Avraham Hazan, vicepresidente del Merkos Italia. Presenti alla cerimonia, tra gli altri, anche il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach, il presidente della Comunità di Milano Walker Meghnagi, il rabbino capo Alfonso Arbib, l’assessore alle Politiche sociali del Comune Pierfrancesco Majorino, Novella Pellegrini, segretario generale di Enel Cuore Onlus, tra gli sponsor del progetto).
Italia Ebraica, febbraio 2014
(6 febbraio 2014)