…Vilnius

Mi capita di presentare un bel libro sulla Shoah in Lituania (Igor Argamante, Gerico 1941, Bollati Boringhieri 2010). Sono a Vilnius, alla fiera del libro, e il pubblico attento segue il mio ragionamento sulla “storia della memoria” con interesse ma senza passione. A poco a poco mi accorgo di parlare di una memoria che non dice molto a chi mi ascolta, e anzi in certi casi è conflittuale con la memoria locale. Vilnius è ora una bella città abitata da una popolazione lituana: seconde e terze generazioni di contadini inurbati forzatamente dai sovietici dopo che la città era stata desertificata. Gli ebrei (100 mila, metà della popolazione) massacrati nella foresta di Panerai, i polacchi e i tedeschi deportati in Polonia e in Germania. La città di Wilno o Vilna (a seconda della lingua parlata) non c’è più, e rievocarne la memoria può apparire poco più che un esercizio di stile per gli attuali abitanti, che peraltro si dimostrano sinceramente interessati. L’Europa orientale è piena di queste storie, di questo accavallarsi di memoria e massacro. E oltre alle dinamiche economiche e politiche che finalmente hanno mosso i governanti europei a occuparsi in maniera più stringente della vicenda Ucraina, a me sembra urgente attivare un ragionamento culturale profondo su quel che è “Europa” e su quale tipo di memoria questa Europa vuole fondarsi. Auschwitz, il luogo della religione civile scelto solo pochi anni fa come altare della memoria collettiva europea, diventa in questa prospettiva un luogo problematico.

Gadi Luzzatto Voghera, storico

(7 marzo 2014)