Sensazioni dalla Crimea
Sui disastri della contemporaneità, da molti anni preferisco sentire le opinioni dei testimoni comuni (magari soggettive e casuali) piuttosto che leggere sui giornali quelle di cronisti e analisti indifferenti, oppure di politici disinteressati all’unica cosa che interessa me (la gente). Ieri, di ritorno dal suo Paese, uno studente ucraino mi ha raccontato a lungo le sue impressioni. L’ho ascoltato con grandissima attenzione, come se (dopo tanti giorni di notizie filo-russe e anti-russe) sentissi finalmente qualcosa di assolutamente credibile, qualcosa che si avvicinava al dubbio. Mentre il ragazzo (coinvolto, ma lucido) parlava della propensione degli abitanti della Crimea a farsi proteggere dall’esercito russo, mi ha colpito una frase. La cito a mente: “In Crimea, l’orrore nazista è ancora così vivo, così forte, che chiunque garantisca a quella gente di provare, davanti a una svastica, lo stesso loro orrore ottiene fiducia incondizionata”. Mi ha colpito perché troppe volte, nel passato recente, ho avuto la sensazione (viscerale e difficilmente argomentabile) che nei Paesi dello “spazio post-sovietico” quel senso di orrore non sia affatto scontato.
Laura Salmon, slavista
(14 marzo 2014)