Aldo Braibanti (1922-2014)
Molti oggi ricordano il suo noto e ingiusto processo per plagio e omosessualità. Io di lui ricordo innanzitutto l’allevamento di formiche che teneva in casa. E immediatamente dopo ricordo il motivo per cui andai a casa sua. Facevo ricerche su mio zio Gianfranco, militante comunista con lui nella Firenze dei nazisti e dei repubblichini e poi combattente partigiano caduto in Valle d’Aosta. Aldo Braibanti è morto il 6 aprile scorso.
Era già stato in carcere fino al 25 luglio 1943, e poi di nuovo nell’inverno seguente, quando fu arrestato dalla banda Carità, portato a Villa Triste e torturato ferocemente. Ma non parlò. E sopravvisse. In un raro libro del 1945, intitolato “11 agosto”, giorno della Liberazione di Firenze, il rimasto vivo così si rivolse al compagno ucciso: “Ti conobbi subito dopo il 25 luglio, quando la caduta del fascismo mi aveva appena aperto le porte della prigione. Alto, magro (gli occhiali erano parte vitale del tuo volto) ti riaffacciavi a quella Università che il marchio della razza ti aveva precluso. Io vivevo nell’euforia di chi per la prima volta gusta il valore della riconquistata libertà fisica. (…) Finalmente conosco la misura reale della lotta di ieri, me lo dice la tua morte, Gianfranco. Le nostre madri, la difesa dei deboli e degli affamati, il diritto alla vita e all’amore: questo voleva dire la nostra battaglia, e la posta non ammetteva tregue o rallentamenti. In tutti noi lo stesso senso di rigida autodisciplina, maturato attraverso l’antico sforzo autocritico. (…) Sandro, Aldo, attività militare; Emilio, Gianfranco, stampa e propaganda; mai si potrà superare una tale unità di spiriti e di intenti. E’ inutile qui ripetere le corse per la città coi carichi di stampa (uno di questi carichi mi sarebbe stato fatale), oppure le visite alle nostre prime cellule giovanili, che attendevano quei carichi come in un nido i piccoli attendono l’imbeccata; oppure i colpi di mano nelle caserme fasciste per il profugamento di quelle armi che andarono poi a raggiungere le primissime formazioni partigiane”.
Sono parole che accarezzano la lettura, ma soprattutto sono parole che accarezzano l’umanità. E nessun odierno pamphlettista rancoroso potrà mai revocare alla Resistenza questo suo fantastico carattere di lotta per la vita e per l’amore. Grazie, Aldo.
Michele Sarfatti, storico
(9 aprile 2014)