Lotta all’antisemitismo – Est Ucraina, rapito un reporter
“In Ucraina non c’è posto per l’antisemitismo”. Sono passate meno di 48 ore dalle dure affermazioni del vicepresidente americano Joe Biden e le notizie allarmanti dalla regione si moltiplicano. Dopo i volantini che chiedevano la registrazione degli ebrei, distribuiti da uomini incappucciati all’ingresso di una sinagoga di Donetsk (tra le città nelle regioni dell’est che si sono proclamate indipendenti), ancora bombe incendiarie e vandalismo, fino al rapimento di un giovane giornalista dalla doppia cittadinanza israeliana e americana. Nato nell’ex Unione Sovietica, Simon Ostrovsky , 33 anni, si trovava da due mesi nella regione per realizzare un documentario sugli avvenimenti. Fermato insieme ad altri reporter dalle forze separatiste, è trattenuto da oltre due giorni, con l’accusa di essere “una spia dei nazionalisti del governo centrale di Kiev” (gli altri sono stati rilasciati dopo poche ore). Secondo quanto riportato da Haaretz, Vyacheslave Ponomarev, autoproclamatosi sindaco della città di Slavyansk, avrebbe ammesso la cattura in un’intervista a un sito in lingua russa, spiegando che “ci sono necessari prigionieri in ostaggio per permetterci degli scambi”. Per Ostrovsky si sono mobilitati sia il Ministero degli Esteri israeliano che il Dipartimento di Stato americano, mentre i leader delle Comunità ebraiche locali avrebbero tentato di intercedere senza successo perché, secondo quanto dichiarato “i separatisti sono divisi tra loro e non si coordinano con Mosca”.
E tra i membri della Comunità ebraica ucraina aumenta il numero di coloro che pensano di lasciare il paese, come testimonia Alexander Ivanchecko, attivista in un gruppo che offre supporto per l’Alyah. “Non posso affermare con certezza che tutti partiranno, ma senza ombra di dubbio l’interesse è cresciuto molto – ha spiegato – È chiaro che provocazioni antisemite come quelle di questo periodo non si vedevano dai tempi della seconda guerra mondiale”.
(24 aprile 2014)