Tea for Two: Milano scolata
Milano è una città assai strana, la mia vita non riesce a prescindere da lei. Entro in ufficio e Niccolò mi dice: “Beh non hai visto? Nell’hotel accanto al nostro ufficio ci sono i giocatori del Maccabi Tel Aviv, perché non vai a conoscerli? Magari trovi qualcuno!”. Ho completamente deviato la Direzione Marketing & Comunicazione penso sorridendo. Entro in metropolitana con la schiscetta (ebbene anche io adopero questa curiosa parola) con i resti di Shabbat che mia zia mi ha devoluto per risparmiarmi due cene di insalatissime rio mare e vengo avvolta da un mare di tifosi con maglietta gialla e blu e sandaletti da gita nel Negev che sono carichi a molla. Salgo su -mind the gap- e seduti ci sono tre ragazzi con una bottigliona con uno strano nettare alcolico che scendono a Montenapoleone credendo di essere ancora nella Milano da bere con Versace (n’artro litro), top model e pubblicità da yuppie. Shabbat finisce terribilmente tardi ma non mi lascio inquietare, la mia coinquilina ed io corriamo ai giardini di Porta Venezia (che fino al giorno prima chiamavo giardini Indro Montanelli, prima di essere corretta puntualmente dalla mia collega festaiola) a sentire il dj set di Giorgio Moroder, 74 anni fluorescenti, che mette Donna Summer e Irene Cara mandando in brodo di giuggiole gli hipster barbuti che si sentono eighties friendly. Del resto, cosa c’è di più hipster di un vecchino che remixa Coldplay e Daft Punk come se non ci fosse un domani? Mi chiedo sentitamente se tutto ciò mi appartiene, se sono fatta per questa vita nella quale acquisto vestiti di gusto discutibile e bevo birra seduta sui cuscini osservando la meglio gioventù con gonnelloni colorati. Ma in fondo Giorgio e Irene insegnano: “Take your passion and make it happen!”.
Rachel Silvera, studentessa
(19 maggio 2014)