Anima comune
Li ho portati. A vedere quell’insieme di magliette gialle che hanno colorato la nostra città per qualche giorno. Volevo che sentissero quella lingua che provo a insegnare loro da quando sono piccoli e per una volta, la parlassero da protagonisti. Li ho portati in una piazza dove di ebraico non c’è proprio nulla. Dove, temo, i nostri antenati abbiano dovuto patire, durante la storia, per essere nati diversi. Abbiamo contato insieme le kippot, quelle gialle e blu spiccavano come allegri girasoli. Siamo rimasti sorpresi dagli uomini, i ragazzi, i bambini appena cresciuti, che facevano letteralmente la fila. Per fare avvolgere il proprio braccio con i lacci neri dei tefilin. Non li avevamo mai visti, non ci eravamo mai incontrati. I miei figli e io, non siamo molto sportivi e i tifosi del Maccabi era la prima volta che li incrociavamo. Eppure sentivamo che non era proprio così. Dal modo in cui ci avvertivamo di essere parte di qualcosa più grande, protagonisti di quella originalità passataci in eredità dai nostri avi, dovevamo esserci già per forza incontrati. L’invasione dei tifosi in Duomo a Milano è iniziata qualche ora prima di Lag Baomer, culminando in un falò in piazza la sera della festa, in più di 200 persone che hanno messo i tefilin di fronte alle guglie la mattina dopo, in boati di canzoni le cui parole ripetevano vehaikar lo lefached klal ‘e l’importante è non temere. Per nulla.’ Lag Baomer è la festa dell’Unità (un po’ diversa da quella del Montestella a cui assistevo dalla finestra dei miei nonni quando avevo dieci anni). L’unità di un insieme di individui le cui anime partono da una unica, grande, anima collettiva.
L’amarezza delle divisioni, la sofferenza per le battaglie interne, si sono dissipate insieme alla speranza del Real Madrid di tenere in mano la coppa. L’amore incondizionato, quello che proviene dal cuore ed entra diretto nel cuore dell’altro, ha pervaso la grigia aria milanese, regalandoci una giornata di sole, una vittoria contro i pronostici e la capacità di capire che i tempi messianici non sono poi troppo lontani.
Gheula Canarutto Nemni
(22 maggio 2014)