Qui Roma – Il coraggio di Vera
“Cara signora Bazzini-Giorgi, siamo lieti di annunciarle che la Commissione per la designazione dei Giusti ha deciso di conferire il riconoscimento di Giusto tra le Nazioni ai suoi genitori scomparsi Eteocle e Adele, a suo cugino Nello Giorgi (scomparso anch’esso) e a lei per l’aiuto profuso nei confronti di persone ebree durante l’Olocausto, mettendo a rischio la vostra stessa vita”. Così lo Yad Vashem ha riconosciuto il coraggio di Vera Bazzini, la donna che settant’anni fa salvò Dario Tedeschi, la sorella Lucilla, i genitori Oscar e Elena e che oggi verrà celebrata al Centro Bibliografico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane “Tullia Zevi” alle ore 16.30. È il 1943 quando Oscar Tedeschi, dopo essere stato licenziato per motivi ‘razziali’ dalla banca nella quale lavorava ed aver continuato segretamente a fare consulenze presso diverse aziende, si ritrova senza un rifugio sicuro e con una famiglia sulle spalle. A questo punto Vera Bazzini, 25 anni, impiegata della Sartoria Cifonella (alla quale Oscar faceva consulenza contabile), si offre di ospitare la famiglia Tedeschi. I genitori di Vera sono consenzienti ed incuranti del pericolo imminente fanno spazio ai nuovi quattro componenti della casa. “In precedenza non avevamo alcun particolare legame con lei. La signorina Bazzini aveva incontrato casualmente mio padre in una delle tante riunioni aziendali”, ricorda Dario Tedeschi, che si è battuto per vederle conferire il titolo di Giusta. “Quella di Vera e della sua famiglia, tra i quali spicca il cugino Nello, è stata una pura scelta morale”. I Bazzini-Giorgi ancor prima di mettere la famiglia Tedeschi in condizioni di ‘dover chiedere’, provvedono ai loro bisogni: in accordo con il portiere escono di notte per prendere dalla loro abitazione abbandonata alcuni averi, fanno da tramite per portare notizie riguardo gli altri parenti, nascosti in diversi rifugi. Dario Tedeschi scrive nella testimonianza inviata allo Yad Vashem: “Nessun corrispettivo fu mai chiesto o pagato per la protezione e la ospitalità che ricevemmo, alla quale penso che i nostri soccorritori si sentissero spinti in quanto motivati da grande religiosità e da profondi sentimenti di solidarietà umana. Furono adottate tutte le possibili precauzioni perché la nostra presenza (di ben 4 persone, tra cui 2 ragazzi) non desse nell’occhio: dopo la retata del 16 ottobre fu deciso di rimanere tutto il giorno in casa; solo talvolta uscivamo a sera inoltrata, con il buio dovuto all’oscuramento, per un breve giro nei dintorni. Tuttavia, dopo qualche tempo cominciarono ad essere percepiti segnali che nel vicinato qualcosa era trapelato, tanto che alla fine di dicembre 1943, in concomitanza anche con l’obbligo imposto dall’occupante tedesco di esporre, all’esterno di ciascuna abitazione, un cartello con la indicazione delle generalità di tutti coloro che vi risiedevano, si considerò prudente e indifferibile cautela un cambiamento di alloggio”. Quando viene imposto a tutti i cittadini di dichiarare il numero di persone per abitazione, la stessa Vera decide di non abbandonare la famiglia Tedeschi e vaga per Roma in cerca di un luogo sicuro nel quale trasferirli, fino a trovare il Convento di Suore in Via dei Santi Quattro Coronati. “Anche dopo il nostro trasferimento nel nuovo rifugio, Vera Bazzini e il cugino Nello Giorgi non ci lasciarono soli e mai ci fecero mancare la loro presenza e il la loro amicizia, venendoci frequentemente a trovare, ora l’uno e ora l’altra”, un’amicizia e un legame che è durato e dura ancora. “Adele, Eteocle, Nello e Vera si sono esposti al pericolo per noi, prevenivano qualsiasi tipo di nostra richiesta e soprattutto ci hanno dato calore umano”. Un calore umano nel gelido autunno del 1943.
(nella foto, da sinistra: Adele Giorgi, Nello Giorgi, Vera Bazzini)
Rachel Silvera twitter @rsilveramoked
(2 ottobre 2014)