Sukkot…
Spesso, al giorno d’oggi, sussiste la tendenza a leggere storicamente la tradizione ebraica, per esempio: molti di noi sarebbero interessati a studiare lo sviluppo storico del siddur piuttosto che usarlo come porta verso il cielo. Si è portati spesso a pensare che le Mitzvot siano “usanze, costumi, cerimonie” e che abbiano un mero significato storico, simbolico, un significato sociale. Questo genere di approccio può al massimo servire da punto di partenza per “avvicinare i lontani” (sempre che si sia tutti d’accordo sul significato che diamo all’espressione “avvicinare i lontani”: “kiruv rechokim”). Tuttavia, non bisognerebbe fermarsi all’aspetto storico-culturale della tradizione ebraica. Può essere controproducente. Può far cadere nel vuoto il presupposto spirituale che è alla base di qualsiasi tradizione religiosa. E l’ebraismo è (anche?) religione. E c’è qualcosa di più: le Mitzvot hanno un significato spirituale. Che senso ha mangiare e dormire in Succà durante la Festa di Succot se non è altro che una cerimonia in ricordo di un evento “storico-nazionale”: la permanenza nel deserto? Ci deve essere qualcosa in più: una Mitzvah è qualcosa alla quale l’anima deve poter partecipare; dalla quale deve svilupparsi la kavvanah.
Le cerimonie hanno significato per l’uomo, come ricordo; le Mitzvot sono rilevanti per D-o, come espressione della sua volontà.
Paolo Sciunnach, insegnante
(6 ottobre 2014)