La Memoria come paradosso
A quattordici anni dalla sua costituzione, il Giorno della Memoria come sta funzionando? Richiede forse un esercizio di manutenzione? In caso affermativo, di quale tipo? Quali sono state le ricadute sulla collettività? Più in generale, ha avuto senso l’istituirlo, rischiando forse di cristallizzare in una data, raccolta inevitabilmente in un solo giorno, il racconto e la metabolizzazione di un evento così complesso, le persecuzioni e lo sterminio razziale, che invece si presenta storicamente come un “processo” di lunga durata, prodotto di un percorso di radicalizzazione cumulativa che dai pregiudizi iniziali, quasi di senso comune, si concluse nell’assassinio di massa? Non di meno, se non si fosse fatto nulla, se ne sarebbe ricavato un diverso beneficio, magari maggiore? Oppure sarebbe subentrato il vuoto, l’omissione, il silenzio, che da sempre si accompagnano alla compromissione nei grandi delitti dell’umanità?
Queste ed altre domande accompagnano la lettura del volume, firmato da Furio Colombo, Athos De Luca e Vittorio Pavoncello sul «Paradosso del Giorno della memoria», che presenteremo a Torino martedì 9 dicembre, alle ore 18, nella cornice del Circolo dei lettori, in via Bogino 9. Il testo è senz’altro già noto ad una parte dei lettori di questa newsletter. Ancor meglio conosciuti sono i quesiti che al tema di fondo si legano. Non si tratta di esprimersi in un plebiscito, a favore o contro, di quella che è diventata una fondamentale ricorrenza nel calendario civile repubblicano, bensì di cercare di capire come la memoria, ma anche aspetti significativi della storia europea, abbiano conosciuto in questi ultimi due decenni un percorso di riconoscimento istituzionale e, soprattutto, cosa da ciò sia derivato.
Più in generale, dopo un buon numero di esperienze al riguardo, perlopiù in ambito educativo, è possibile formulare alcune valutazioni di merito. Cercheremo quindi di farlo consapevoli dei diversi angoli prospettici che si accompagnano allo sforzo di giudizio. Se esiste un paradosso nel giorno della memoria, è non meno vero che la memoria è essa stessa un esercizio paradossale. Poiché usa il passato per parlare “del”, come “al”, presente. In una società, quella in cui viviamo, nella quale molto, se non tutto, pare invece bruciarsi sul piano dell’immediatezza, dell’istantaneità, di un presente senza vera profondità prospettica. Non rivolto a ciò che è stato ma neanche indirizzato verso quello che potrà essere. Ed allora, parlare del “paradosso del giorno della memoria” implica anche lo sforzarsi di capire quale sia il senso del tempo che stiamo vivendo, l’insoddisfazione che a volte ci accompagna, le apprensioni – non importa quale veste assumano di volta in volta – che sono parte costitutiva di quella strana cosa che chiamiamo «identità». Poiché se la ricorrenza si rivolge prevalentemente, se non quasi esclusivamente, ai non ebrei, tuttavia chiama in causa, tra le altre cose, il modo in cui gli ebrei sono stati visti nella contemporaneità. Quindi, la considerazione, ma anche l’autoconsiderazione, nutrita riguardo al modo di essere nella società. Non teniamoci troppo larghi, ammonirebbe qualcuno, ma neanche troppo stretti, replicherebbero altri. Di paradossi andiamo parlando. Per l’appunto.
Claudio Vercelli
(7 dicembre 2014)