…Memoria

Chiediamo scusa ai morti. Sono passati settant’anni dalla Shoah, e ogni anno a Venezia si commemorano i deportati in una grigia domenica di dicembre. Quest’anno, malauguratamente, c’era un ponte festivo e la sinagoga – come ormai sempre più spesso negli ultimi decenni – era pressoché deserta, se non fosse stato per un gruppo di benevoli scout venuti ad assistere e a imparare. E noi abbiamo insegnato loro che il ricordo sfuma, che i morti si dimenticano, che le vacanze, anche se non c’è neve in montagna, valgono di più. Abbiamo tutti una giustificazione, naturalmente, ma la verità, quella vera, è che abbiamo fatto una scelta. E quella scelta è stata in favore dell’assenza e del relax. Del resto, non c’erano autorità da omaggiare e da cui farsi omaggiare, non c’erano nastri da tagliare, non c’erano applausi, non c’erano le foto della stampa né banchetti a cui sedersi. L’asprezza della realtà è uno schiaffo a tutti quelli che non sono tornati, a tutti quelli su cui così spesso costruiamo retorica e che alla fine non ci preoccupiamo di rispettare con il semplice gesto fisico della presenza e del ricordo di un’ora. Per fortuna i nostri giovani emigrano, così evitiamo di consegnare loro l’eredità della nostra educazione vuota. E smettiamola, almeno, di decantare la ‘memoria ebraica’. Aboliamo finalmente le false cerimonie, quelle fatte per gli occhi degli altri, e chiediamo scusa ai morti. E buone vacanze.

Dario Calimani, anglista

(9 dicembre 2014)