Memoria, l’impegno di Macerata
Anche quest’anno l’Università di Macerata, nell’ambito dell’iniziativa “Insegnamento della Shoah nelle scuole”, ha organizzato il corso per gli insegnanti delle scuole superiori della Provincia, che verteva sulle metodologie e i criteri per convogliare meglio questi concetti presso i giovani studenti. Motore dell’iniziativa, cui partecipano ben 11 università italiane (quest’anno anche quella di Varsavia), è la professoressa Clara Ferranti del Dipartimento di Studi Umanistici, non nuova ad iniziative di questo genere avendo promosso un corso analogo (anche se diverso nei contenuti) lo scorso anno. Un corso che in ambedue le edizioni ha visto una larga e attiva partecipazione degli insegnanti. Quest’anno i lavori sono stati aperti dalla professoressa Rosa Marisa Borraccini, pro‐rettore dell’Università di Macerata, con le seguenti relazioni: “Insegnare per non dimenticare. Approcci pedagogici ed espedienti didattici per parlare (correttamente) della Shoah nella scuola” a cura di Juri Meda; “Identità e relazioni ingroup‐outgroup” a cura di Barbara Pojaghi; “Sopravvivere nella parola. La via esemplare di Gertrud Kolmar” a cura di Maria Paola Scialdone; “Raccontare la Shoah nel nuovo millennio: strategie del discorso e sperimentazioni testuali nella narrativa internazionale contemporanea” a cura di Andrea Rondini. Gli interventi sono stati di un’ora circa cadauno, con successivo spettacolo “Destinatario Sconosciuto” con Luca Violini e Paolo Zannini. Ho presenziato all’inaugurazione assieme al rettore, al vescovo di Macerata e ad alcuni professori dell’Ateneo, partecipando con un breve saluto; ho assistito alle prime due relazioni, estremamente interessanti e di alto profilo culturale e professionale.
Durante la prima relazione è stato puntualizzato il fatto che ben presto non ci saranno più testimoni viventi a raccontare quanto successo più di 70 anni fa; ed allora come veicolare il ricordo e l’insegnamento ai giovani? La risposta data è stata in buona sostanza quella dello stimolo della conoscenza da un lato, e delle emozioni dall’altro.
Per quanto riguarda la conoscenza, i metodi “tradizionali”, pur se non utilizzati dai testimoni diretti, ma da insegnanti ben preparati (onde appunto il corso), può essere ben veicolata; mancherebbe però qulella ‘presa’ diretta sulle emozioni dei giovani, che solo chi ha vissuto sulla propria pelle certe vicende riesce a trasmettere efficacemente. A questo però possono supplire certe ‘tecniche’ comunicative che riescono a raggiungere ed ad impattare fortemente sulla sensibilità dei ragazzi: si tratta di filmati (non solo quelli storici, girati a loro tempo da personale civile e militare di allora) realizzati da produttori cinematografici particolari (Warner Bros., Walt Disney Pictures, produttori di pezzi per Youtube) e da fumetti pedagogici che non sostituiscono l’insegnamento vero e proprio, ma lo integrano attraverso l’uso di un linguaggio ben recepito dai giovani e che fa presa immediata sui loro animi.
Sono stati mostrati alcuni spezzoni di questi filamti e fumetti, che hanno avuto un fortissimo impatto sulle presone presenti, richiamando pensieri, sensazioni, impressioni e reazioni molto profonde, che hanno lasciato una forte traccia in tutti.
La professoressa Pojaghi, insegnante di Psicologia Sociale, si è invece intrettenuta sulla forza della propaganda che è riuscita a trasformare un popolo (tedesco, ma anche italiano) civile, maturo e colto in un mostro capace di quello di cui è appunto stato.
Richiamando l’insegnamento di Hannah Arendt (La Banalità del Male), la professoressa ha parlato della prsicologia del ‘gruppo’, dei ruoli costruiti e insonsciamente accettati, delle identità sociali in cui la persona si cala inconsciaamente spinta dalla manipolazione e dalle tecniche della propaganda, e che la rendono capace di compiere qualsiasi cosa.
Anch’essa ha portato degli esempi ed ha illustrato situazioni, in apparenza assurde, ma che hanno trovato spiegazione nelle raffinate tecniche psicologiche adoperate, e che hanno lasciato tutti attoniti per la violenza che sono state capaci di produrre sulle persone ad esse sottoposte.
Moltissimi gli interventi degli insegnanti, estremamente interessati, pronti a rieccheggiare quanto appreso nelle loro classi.
Marco Ascoli Marchetti, consigliere UCEI