Sentimenti contrastanti
Nella giornata istituita in ricordo della Shoah ascolto, da sempre, pareri e punti di vista contrastanti tra chi crede che una sola giornata svilisca il profondo significato e chi attraverso ogni forma d’arte e di discussione chieda che venga perpetrato il ricordo e trasmesso alle nuove generazioni. Si susseguono staffette, interviste, film, dibattiti, presentazioni di libri, rappresentazioni teatrali e musicali.
Ammetto di aver provato anche un certo fastidio, qualche anno fa, in occasione di una mostra sulla Shoah all’interno di una gelateria, ritenni il luogo inappropriato, ugualmente per la cena organizzata con chef pluristellati, anche se il fine, la raccolta fondi, era indirizzato a finanziare una visita di giovani studenti ai campi di sterminio. Sui social network in questi giorni feriscono i ridondanti commenti che dolorosamente paragonano impropriamente l’Olocausto ad altre tragedie, ad altri morti, in altri luoghi, tempi e contesti. Fortunatamente c’è ancora chi invece si commuove ascoltando le parole dei sopravvissuti, mostrando vicinanza e solidarietà alle vittime del popolo ebraico.
Provo sentimenti contrastanti, alcune volte vorrei che il dolore per la Shoah fosse condiviso con il mondo intero, spesso vorrei invece viverlo in maniera privata, sola con il mio popolo, perché sono sicura che solo loro possano capire come ci si senta allo stridio di un treno, alla visione di un mucchio di capelli tagliati in terra dal parrucchiere, sentire quella morsa allo stomaco quando ascolti qualsiasi parola in tedesco, l’abbaiare aggressivo di un cane. È qualcosa di atavico che inspiegabilmente appartiene anche a noi, figli e nipoti della Shoah.
Claudia Sermoneta
(29 gennaio 2015)