L’invenzione della “razza”
“Razza. Un’invenzione nefasta senza valore scientifico”. È il titolo di un ampio approfondimento che appare oggi sull’inserto domenicale La Lettura del Corriere della sera e in cui si riferisce dell’inadeguatezza del concetto di ‘razza’, delle “suggestioni pericolose” che lo stesso alimenta e di come, in ambito scientifico e non, nuove istanze chiedano la cancellazione del termine dai testi fondamentali, non ultimo l’articolo terzo della Costituzione italiana in cui si legge che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Ad essere ricordati sono i numerosi appelli formulati negli scorsi giorni dall’Università La Sapienza di Roma, dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (a firmare una nota congiunta il presidente Renzo Gattegna e l’assessore alla Memoria Victor Magiar), dal rabbino capo della Capitale Riccardo Di Segni, dal parlamentare Michele Anzaldi, da alcuni esponenti dell’Istituto italiano di antropologia e dell’Associazione nazionale universitari antropologi culturali.
“Da un punto di vista strettamente giuridico si potrebbe obiettare che i principi affermati dalla Costituzione sono anche oggi pienamente condivisibili e che, se si tocca il termine ‘razza’, occorrerebbe allora riflettere anche sull’uso di ‘sesso’ (a cui molti preferirebbero ‘genere’), sulle discriminazioni che avvengono in base all’orientamento sessuale e così via. La Costituzione esprime valori comuni persistenti, ma è ovviamente un prodotto storico: eliminare la ‘razza’ vorrebbe aprire un dibattito ben più ampio. I motivi a favore dell’abolizione costituzionale del termine ‘razza’ – scrivono Adriano Favole e Stefano Allovio, entrambi antropologi – sarebbero tuttavia molteplici e giustificano pienamente l’ambiziosa proposta degli antropologi”.
La complessità della materia e le diverse sfumature della questione lasciano comunque spazio a diverse opinioni, anche all’interno dell’ebraismo italiano. Mentre ad esempio Giorgio Mortara, presidente dell’Associazione Medica Ebraica e Consigliere UCEI, esprime pieno sostegno (“è un’iniziativa cui va il mio plauso”), vi è chi come Giorgio Sacerdoti, insigne giurista oltre che Consigliere UCEI, sostiene l’esigenza di un ulteriore approfondimento “prima di impegnare l’UCEI su temi così delicati”. Il divieto di discriminazione sul base razziale, vera o presunta che sia, sta infatti “nella Dichiarazione universale, nelle Convenzioni internazionali, nella Convenzione europea sui diritti dell’uomo, nelle Costituzioni dei paesi europei e altri testi di pari importanza”.
(1 febbraio 2015)