J-Ciak – La signora d’oro
Gli ingredienti sono perfetti. C’è uno dei quadri più belli e celebri del mondo, il magnifico ritratto in cui Gustav Klimt, nel 1907, immortalò Adele Bloch-Bauer, regina dei salotti viennesi, circonfusa d’oro e tasselli cesellati. Una storia vera e mozzafiato sullo sfondo della Shoah. Una meravigliosa Helen Mirren nel ruolo principale. Ma “Woman in Gold” di Simon Curtis, da pochi giorni nelle sale americane, per quanto godibile stenta a prendere il volo. Un peccato, perché la drammatica vicenda della “Monna Lisa” austriaca, confiscata dai nazisti e restituita alla nipote Maria Altmann solo dopo una lunga battaglia legale, vale la pena di essere vista anche sul grande schermo.
La storia del ritratto di Adele Bloch Bauer, dipinto da Klimt nel 1907, rientra a pieno titolo nel tristissimo capitolo dei beni artistici trafugati dai nazisti agli ebrei. Una questione tornata di recente alla ribalta, grazie ad alcune stupefacenti scoperte – tra cui le 15 mila tele nascoste da Cornelius Gurlitt in un appartamento di Monaco o la scoperta di 139 opere esposte nei musei olandesi – e la messa online di alcuni cataloghi grazie a cui i proprietari potevano risalire alle loro proprietà artistiche.
Un anno fa George Clooney aveva dedicato il suo “Monuments Men” al lavoro svolto, nell’immediato dopoguerra, da una squadra americana incaricata di ritrovare opere rubate ai musei e alle famiglie. “Woman in Gold” aggiunge un ulteriore tassello alla vicenda riportandolo all’attualità.
La protagonista è Anna Altmann, nipote di Adele e Ferdinand Bloch-Bauer, magnate dello zucchero. Dopo l’annessione dell’Austria alla Germania, nel 1938, la sua vita cambia in modo drammaticp. Il marito Fritz, un cantante d’opera di origine polacca, viene deportato a Dachau, per indurre il fratello a cedere ai nazisti la sua attività. La coppia riesce a scappare in modo rocambolesco e si rifugia in America, dove si rifanno una vita a Los Angeles (lei apre un negozio di abbigliamento).
La questione del celebre ritratto la coinvolge dopo la morte della sorella. Ne chiede la restituzione, per la prima volta, nel 1998, anno in cui 44 paesi tra cui l’Austria sottoscrivono a Washington un accordo per una soluzione equa per le vittime della persecuzione nazista. L’Austria approva di, conseguenza, una legge che impone ai musei di aprire i loro archivi alle ricerche, affinché le restituzioni delle opere confiscate divenga possibile. Si scopre allora che i diritti sul quadro di Klimt, da lungo tempo esposto alla Galleria Belvedere non erano fondati. Adele Bloch-Bauer, morta di meningite nel 1925, lo aveva lasciato in eredità al Paese. Ma una serie di documenti dimostrava che l’opera apparteneva al marito, fuggito dopo l’Anschluss, che aveva lasciato tutti i suoi beni agli eredi.
Anna Altmann ingaggia la sua battaglia con lo stato austriaco con l’aiuto di Randy Schoenberg (Ryan Reynolds), giovane e inesperto avvocato di Los Angeles, nipote dell’omonimo compositore, che nel giro di otto anni riesce a portare finalmente a casa sia il bellissimo ritratto di Adele sia alcuni altri dipinti. La Monna Lisa austriaca viene esposta al Los Angeles County Museum per un breve periodo. Poi è venduta al re dei cosmetici e collezionista Ronald Lauder, per una cifra stimata attorno ai 135 milioni di dollari e, in concomitanza con l’uscita del film, è ora in mostra alla Neue Galerie di New York.
Altre quattro opere di Klimt, un ulteriore ritratto di Adele e tre paesaggi, sono messi all’asta alcuni anni dopo per un totale di quasi 193 milioni. L’avvocato Schoenberg, che si era occupato del caso chiedendo di venire pagato a percentuale, secondo fonti di stampa avrebbe incassato circa 139 milioni.
Il film si basa sul libro “The Lady in Gold”, della giornalista del Los Angeles Time Anne-Marie O’Connor, e riporta l’attenzione sui tesori d’arte rubati che ancora non trovano la giusta sistemazione. Le restituzioni sono infatti ancora l’eccezione, più che la regola, come sottolinea un documento della Conference on Jewish Material Claims Against Germany and the World Jewish Restitution Organization diffuso a settembre, secondo cui la maggior parte dei paesi ha fatto poco per rispettare gli accordi internazionali a tutela degli espopriati. Spiace notare che, secondo il rapporto, tra i paesi che meno hanno fatto in questo senso, figura l’Italia insieme a Ungheria, Polonia, Romania, Argentina e Russia.
Daniela Gross
(9 aprile 2015)