Hillary Clinton, il voto ebraico sulla strada per la Casa Bianca
Una mamma trasloca per far frequentare alla figlia un asilo migliore, una coppia cerca di insegnare al cane a non mangiare la spazzatura, una ragazza cerca il suo primo lavoro dopo l’università. “Anch’io mi sto preparando per qualcosa, mi candido alla presidenza”, dice poi Hillary Clinton alla fine del video che ha appunto annunciato ieri la sua seconda corsa alla Casa Bianca, che inizia con le primarie del Partito Democratico per arrivare alle elezioni presidenziali del 2016. Nel video di presentazione si vedono i progetti delle famiglie americane che lentamente escono dalla crisi, e Hillary si dice pronta a conquistare il loro voto. Molte le sfide che la attendono in campagna elettorale, tra cui quella di tentare di rialzare il consenso della popolazione ebraica statunitense nei confronti del Partito democratico, attualmente in calo come mostrato da un sondaggio pubblicato negli scorsi giorni dalla società di sondaggi Gallup.
Il sondaggio misura la variazione del consenso di Obama tra gli ebrei americani dal 2009 al primo quarto del 2015. Durante il quale ad approvare le mosse politiche del presidente è stato il 54%, il minimo storico, da paragonare con il 46% della popolazione statunitense totale. Questo 8% di differenza è più basso del 13% che rappresenta la differenza media che si è mantenuta più o meno costante con leggeri alti e bassi nel corso dei due mandati, ed è rappresentativa di un calo generale. Il tasso di disapprovazione è maggiore tra gli ebrei che dichiarano di frequentare maggiormente i servizi religiosi, tra quelli che hanno un diploma scolastico inferiore, e tra gli uomini. Osserva Gallup: “Gli ebrei americani hanno il doppio delle possibilità di identificare se stessi come Democratici che come Repubblicani, e tale posizione è indicata dal tasso di approvazione delle mosse politiche di Obama. Gli ebrei continuano ad approvare ciò che Obama sta facendo a un livello più alto rispetto alla media nazionale, anche se i risultati suggeriscono che tale vantaggio tra la popolazione ebraica sta diminuendo”.
Alla luce di tali dati, Hillary Clinton si trova a dover riconquistare l’elettorato ebraico. I temi maggiormente influenti nella questione sono quelli dell’accordo con l’Iran riguardo il nucleare e in generale le posizioni su Israele e i rapporti con la sua leadership. Sull’Iran, durante un discorso all’American Jewish Committee nel maggio del 2014, Clinton aveva commentato: “Personalmente sono scettica sul fatto che gli iraniani accetteranno di giungere a compromessi. Dal mio punto di vista, non possiamo e non dobbiamo accettare nessun accordo che metta in pericolo Israele o la nostra sicurezza nazionale”. In dicembre, durante il Forum annuale del Center for Middle East Policy (un centro di ricerca focalizzato sul coinvolgimento degli Stati Uniti nelle dinamiche del Medioriente) a Washington, a cui ha partecipato insieme a leader israeliani e americani, Clinton ha poi sostenuto le posizioni di Obama sulle trattative con l’Iran e sulle soluzioni per il conflitto tra israele e i palestinesi, affermando che “nessuno può essere in disaccordo sul coinvolgimento sull’impegno di questa amministrazione per la sicurezza di Israele”.
Il consenso tra la popolazione ebraica è fondamentale per Hillary sotto diversi punti di vista. In primo luogo per quanto riguarda l’attività di fund raising per la sua campagna elettorale, per la quale i democratici hanno sempre puntato sul sostegno proveniente dal mondo dello spettacolo. Tra i volti noti di origine ebraica che le hanno già garantito il loro supporto, Jeffrey Katzenberg, il produttore cinematografico proprietario insieme a Steven Spielberg e David Geffen della Dreamworks SKG che nel 2008 aveva fatto notizia per aver preferito invece sostenere Obama, e Haim Saban, il magnate imprenditore e produttore televisivo israeliano naturalizzato statunitense, amico di lunga data dei Clinton che a maggio prevede di ospitare un evento di raccolta fondi nella sua casa di Los Angeles. Ma la campagna di Hillary da questo punto di vista è già iniziata da tempo. Lo sceneggiatore e produttore televisivo Howard Gordon ha ospitato in autunno un evento per l’organizzazione di raccolta fondi per la campagna elettorale ‘Ready for Hillary’, con Burt Bacharach che ha cantato ‘Raindrops Keep Fallin On My Head’ insieme ad altri classici e la partecipazione di vari ospiti tra cui il regista Ryan Murphy, il presidente e amministratore delegato della Fox Dana Walden e la produttrice Gail Berman.
Nel 2008 il mondo di Hollywood era praticamente diviso in due tra Obama e Clinton, ma alla fine la scelta di sostenere Obama fu nettamente preponderante. Ma questa volta, gli oppositori di Hillary non hanno per ora un’alternativa altrettanto forte come lo era stato all’epoca Obama, e attualmente anche chi ha ancora qualche dubbio su di lei ha deciso di stare dalla sua parte. Per esempio Adam McKay, co-creatore del sito di commedia Funny or Die, ha dichiarato in un’intervista lo scorso settembre di credere che “il livello di approvazione che susciterà salirà e scenderà a seconda di quanto orribile sarà il candidato repubblicano”. E nonostante avesse anche lui usato parole piuttosto dure nei confronti di Hillary nel 2007, a questo giro Geffen ha detto che avrebbe “assolutamente” sostenuto Clinton.
Ma nella corsa alla Casa Bianca, gli altri due fattori per cui il sostegno della popolazione ebraica influenzerà la campagna elettorale di Clinton sono il numero di attivisti – è stato calcolato che nelle campagne elettorali democratiche il numero si volontari e membri dello staff ebrei può arrivare a costituire un terzo del totale – e quello dei voti nei sette fino a nove Stati in cui gli ebrei costituiscono una parte significativa della popolazione. La tendenza dell’elettorato ebraico a votare il Partito Democratico in misura maggiore ha frequentemente generato un margine sufficiente per cambiare i risultati del voto nelle ultime elezioni presidenziali in vari Stati, tra cui Missouri, Georgia e Carolina del Nord. I numeri non sono enormi, ma sono determinanti nelle battaglie all’ultimo voto come lo sono state quelle delle ultime elezioni. Ma Hillary non sembra essere scoraggiata dalla competizione, come si intuisce dallo slogan lanciato sul sito della sua campagna: “Ogni giorno l’America ha bisogno di un campione. Io voglio essere quel campione”.
Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked
(14 aprile 2015)