sacrifici…

Scorrendo la descrizione dei sacrifici speciali relativi ad ogni festa stabilita dalla Torah, ossia quei sacrifici aggiuntivi, in memoria dei quali recitiamo la preghiera aggiuntiva di Mussàf, notiamo che mentre per tutte le feste il verbo è “we-hiqravtèm”, (“avvicinerete, offrirete, sacrificherete”), per Ro’sh Ha-Shanah il verbo è “wa-‘assithèm” (“farete”). I Maestri spiegano che il verbo “fare”, in questo contesto, dà l’idea che la persona debba fare le veci del sacrificio, in qualche misura sacrificare se stesso. Difatti, per esempio, il Bà‘al Ha-Turìm chiarisce: fate Teshuvah (ossia, sacrificate voi stessi), ed Io considererò come se aveste offerto tutti i sacrifici. Ro’sh Ha-Shanah, difatti, apre il periodo della Teshuvah; ed è giusto sottolineare che non si può pensare che un animale ammazzato sia tale da garantire la ricomposizione delle fratture che noi abbiamo causato con Ha-Qadòsh Barùkh Hu’, e men che meno con gli altri: solo mettendo seriamente in discussione noi stessi, sacrificando i nostri comportamenti stereotipati nei quali ci siamo adagiati, possiamo pensare di rimediare e di recuperare.

Elia Richetti, rabbino

(9 luglio 2015)