Qui Parigi – Angeli e demoni la mostra che ha stregato Parigi
“Non bisogna credere alle superstizioni, ma è più prudente rispettarle”, scriveva Yehudah ben Samuel di Ratisbona nel Sefer Hasidim. Una frase che riassume bene i contrasti e la ricchezza della mostra intitolata “Magie. Anges et démons dans la tradition juive” (Magia. Angeli e demoni nella tradizione ebraica) in corso al Musée d’art et d’histoire du judaisme di Parigi fino al 19 luglio, che espone le centinaia di opere e documenti usati – e ancora in uso – presso gli uomini per rapportarsi con tutto ciò che sfugge al loro controllo. A raccontarla a Pagine Ebraiche è il curatore Gideon Bohak, professore di filosofia ebraica all’Università di Tel Aviv.
Ciò su cui mette immediatamente l’accento è la varietà che caratterizza i trecento oggetti esposti nei tre piani della mostra. “Ad esempio abbiamo voluto mettere in evidenza l’esistenza di una magia popolare, praticata in gran parte dalle donne e che ha dato vita a oggetti di poco valore, piccoli amuleti spesso in carta con un nome scritto sopra, che non necessitavano di essere belli perché servivano a essere immediatamente sotterrati, ma accanto a essa si ritrovano i prodotti di una magia più élitista, raffinata, fabbricati soprattutto da uomini, più scritti e in materiali più preziosi”. Un’altra opposizione è poi quella che riguarda i risultati da ottenere con le pratiche magiche: “Accanto a una magia protettrice – spiega Bohak – da utilizzare come arma contro le forze soprannaturali che popolano il mondo degli uomini, vi è una magia aggressiva, che mira nuocere, a distruggere un rivale, fare sì che qualcuno cambi idea su una questione, far tacere le maldicenze, fino anche a vere e proprie maledizioni, invocazioni dei demoni stessi contro qualcuno”.
In un universo religioso dominato dalla Torah e dalla parola divina, che peraltro vieterebbe le pratiche magiche, il Talmud e altre fonti rabbiniche descrivono un mondo complesso di forze sovrannaturali e demoni, esseri intermediari fra l’uomo e l’angelo. Essi possono cambiare aspetto, spostarsi istantaneamente ai quattro angoli della terra e diventare invisibili. Vivono ai margini della civiltà, in zone desertiche, tra fosse e rovine, ma anche tra gli uomini e qualche volta persino negli uomini. Tra loro vi sono la pericolosissima Lilith, grande protagonista dell’esposizione e senza dubbio la più temuta, ma anche il Dybbuk e il Golem, esseri fantastici protagonisti di innumerevoli leggende. A dire il vero non tutti sono pericolosi nella stessa misura, ma offenderli non è raccomandabile. “Come tutte le cose del mondo, anche i demoni sono stati creati da Dio, e perciò è importante ricordare che essi non sono al di fuori della realtà ma al contrario ne fanno parte”, sottolinea Bohak. “Essi esistono e da essi bisogna tutelarsi. Tuttavia, dal momento che non fanno parte del mondo naturale, ma di quello soprannaturale, l’unico modo per combatterli è fare ricorso alla magia”. E così, nel corso dei secoli si sono moltiplicati lunghi amuleti in carta o pergamena arrotolati e nascosti in astucci in cuoio o metallo, ciotole per incantesimi da poggiare al suolo o sotterrare in casa, gioielli in argento cesellato, manoscritti con formule magiche e descrizioni di rituali di esorcismo, hamsot e oggetti di ogni tipo su cui compaiono le figure e i nomi di angeli che tengono i demoni a distanza. Anche la provenienza geografica e cronologica di tali manufatti è la più varia: si passa dal vicino oriente antico, all’Impero romano, da Bisanzio all’Impero ottomano, e poi dall’Asia centrale, al Medio Oriente, al Maghreb fino al mondo askenazita, dal Medioevo ai giorni nostri.
La mostra si avvale di pezzi di collezioni pubbliche e private, ma per i ritrovamenti più sorprendenti Bohak non è dovuto andare troppo lontano. “Mentre raccoglievo materiali per l’esposizione – racconta – sono sceso nei magazzini del Museo d’arte e storia del giudaismo di Parigi, e lì ho trovato una quantità straordinaria di oggetti inediti, che ho studiato e portato alla luce per la prima volta”. In virtù della sua diffusione e dell’essere tanto radicata in ogni strato della società, la quantità di ricerche che è possibile intraprendere nel campo della magia ebraica è vastissimo, spiega Bohak, il cui interesse risale al tempo del dottorato a Princeton negli anni ‘90.
Se da un lato i principi della magia risiedono nella ferma credenza nell’esistenza di potenti entità soprannaturali e nella convinzione che l’uomo possa dominarle e sottometterle alla sua volontà, tuttavia Bohak osserva che i suoi obiettivi escono molto raramente dal quadro della quotidianità e della realtà terrestre nelle quali s’inscrive la vita umana. La magia ebraica dunque, come d’altra parte tutte le altre magie, propone ricette per influenzare o rovesciare il corso delle cose nella vita affettiva o materiale: guarigione, protezione, buon esito, autorità, amore, salute, vendetta e via dicendo, tutte cose che a ben guardare si potrebbero anche ottenere senza sortilegi. Questo, continua il curatore, è ciò che si cerca anche oggi, con la grande diffusione in particolare della mistica ebraica e della cosiddetta Cabbala, quella che “propone rituali che non vuole definire ‘magia’, ma in realtà con essa non presentano alcuna differenza”. Ma a cosa si deve questo successo? “Si tratta di una cultura new age del nostro secolo che vuole andare contro il razionalismo del secolo scorso, e manifesta questa necessità attraverso un ritorno all’esoterismo”, la spiegazione di Bohak. Che tuttavia rimane un razionalista vecchio stampo: “I miei studenti – dice – dopo le lezioni vengono spesso da me a chiedermi qualche ricetta per le loro esigenze, e io spiego loro che provo un grande interesse come ricercatore, ma non credo assolutamente a nulla di tutto ciò”. E conclude sorridendo: “Certo, qualche volta ho pensato che se cambiassi carriera, farei di certo fortuna”.
Francesca Matalon
da Pagine Ebraiche, luglio 2015
(12 luglio 2015)