Il femminismo e i giovani,
le grandi sfide di Hillary
Femminismo, moda, i problemi sociali della gioventù e i suoi mille tormenti interiori. A discutere di tutto questo è la sessantottenne Hillary Clinton, intervistata dall’attrice, sceneggiatrice e regista ebrea statunitense – o meglio, di Brooklyn – Lena Dunham, nella prima uscita della sua nuova newsletter intitolata “Lenny”, crasi tra il suo nome e quello della collega e co-autrice Jenni Konner. Come lei stessa spiega in “Girls”, la serie tv da lei ideata, scritta, diretta e recitata che l’ha portata alla ribalta ma Hilary ha ammesso di non guardare, Dunham vuole essere “la voce della mia generazione, o almeno una voce di una generazione”. E dunque con nessuno meglio di lei avrebbe potuto affrontare i temi che riguardano la situazione dei ventenni americani di oggi – caratterizzati dagli stessi ideali brucianti e sogni di gloria dei coetanei di qualsiasi altro decennio, ma con sfide socio-economiche del tutto nuove – e ancor più nello specifico delle ventenni americane di oggi, la candidata alle primarie democratiche del partito democratico per le elezioni presidenziali del 2016, ex segretario di Stato, ex First Lady, sempre donna di successo.
“I ventenni sono spesso accusati di un incredibile solipsismo che si manifesta come desiderio di pubblicare su Instagram foto del loro ombelico piuttosto che impegnarsi nel mondo che li circonda, ma questo non è proprio vero”, osservano Lena e Jenni nello spiegare com’è nato il loro progetto, la cui ispirazione sono state appunto tutte le giovani donne (e i giovani uomini) engagé e determinati, incontrati durante il tour promozionale del libro di Lena (“Non sono quel tipo di ragazza”, Feltrinelli). “Non c’è modo migliore per noi di iniziare Lenny se non con un’intervista a Hillary Rodham Clinton”, affermano poi. “Non è un segreto – continuano – che siamo state conquistate da HRC da molto tempo”. Tutto è iniziato nel 1992, quando la novenne Lena scrisse un tema su quello che divenne poi conosciuto come il controverso commento di Hillary su ‘tè e biscotti’: “Immagino che avrei dovuto stare a casa a preparare biscotti e bere tè, ma quello che ho deciso di fare è stato di realizzarmi nella mia professione, che ho iniziato prima che mio marito entrasse nella vita pubblica”, aveva detto a un giornale spiegando perché avrebbe continuato a lavorare come avvocato mentre il marito portava avanti la sua campagna presidenziale.
E insomma, forse Hillary non guarderà “Girls”, ma nella sua precisa scelta di rilasciare questa intervista non si mostra in difficoltà nell’identificarsi con le lettrici di Lenny che Dunham non fa altro che chiamare in causa, “ventenni in quello spazio nebuloso tra l’università e il mondo reale, che non sanno cosa vogliono essere né come diventarlo, desiderano cambiare lavori e stage, avviare attività, ma sono paralizzate dai debiti che hanno accumulato”. I loro problemi non sono secondari per la candidata democratica, che mette tra le priorità del suo programma, accanto alla lotta al razzismo, la risoluzione del debito in cui incorrono molti studenti per potersi pagare gli studi universitari, una piaga mille miliardi di dollari, con riforme e nuove misure. “Ho incontrato – racconta Hillary – giovani che non possono andar via da casa dei genitori. Che sognano di creare un’impresa, ma non possono permetterselo. Che non possono nemmeno permettersi di sposarsi. Qui non stiamo soltanto schiacciando i loro sogni e le loro speranze, stiamo facendo del male all’economia del paese”.
“Diffido di chiunque dica di non aver mai avuto momenti d’indecisione a vent’anni”, dichiara poi Clinton. È un periodo di esplorazione e spesso tormento nella vita delle persone. E così, quando mi sono diplomata al college, ho deciso di iscrivermi alla facoltà di Legge, ma è stata una decisione sofferta. Non ero sicura di quale fosse la scelta giusta, ma ho pensato che avrei fatto un tentativo”. E così inizia a commentare foto d’epoca e a raccontare di quando ha effettuato la sua svolta democratica (naturalmente al college), di quando ha lavorato in una fabbrica come delegata all’impacchettamento di salmone (tra l’altro andato a male, con sparizione nel nulla della suddetta fabbrica non appena la cosa fu fatta notare al direttore), di quando ha conosciuto suo marito Bill (e di quanto sia stato difficile decidere di seguirlo in Arkansas). “Ero terrorizzata di perdere la mia identità e e me stessa con il sorgere della sua personalità da forza della natura. Tanto che a dire il vero ho rifiutato due sue proposte di matrimonio”, racconta a Lena, che non vedeva l’ora di affrontare l’argomento.
E poi c’è la domanda clou, “quella che credo sia la domanda sulla bocca di ogni lettrice di Lenny”: Hillary Rodham Clinton si considera una femminista? “Certo. Assolutamente. Resto sempre un po’ perplessa quando una donna, di qualunque età ma specialmente quando è giovane, dice qualcosa come ‘Beh, credo nell’uguaglianza, ma non sono femminista’. Insomma, una femminista è per definizione qualcuno che crede nell’uguaglianza! E non significa affatto odiare gli uomini, e spero che le persone non abbiano paura di dirlo. Significa solo che crediamo che le donne abbiano gli stessi diritti degli uomini, politicamente, culturalmente, socialmente, economicamente. E se come donna non pensi questo di te stessa, per favore, chiediti: perché? Cosa ti trattiene? Non ti porterà nulla di buono negare il fatto di avere gli stessi diritti degli uomini. E dunque – conclude Hillary – sì, sono una femminista, e lo dico a chiunque me lo chieda”.
“Molto di quello che facciamo nel nostro lavoro è lottare contro le richieste irragionevoli alle donne, richieste di perfezione ad ogni livello”, scrivono Lena e Jenni. “L’intera carriera di Hillary Clinton è stata una sfida a quelle pressioni”. C’è solo una cosa che HRC non sente di essere, e cioè un’icona di stile. Però Lena non perde l’occasione di parlare con lei anche del suo vestito preferito (nella foto), un tubino nero con le spalle scoperte (o meglio, “cold-shoulder” per gli intenditori) di Donna Karan, da lei ricevuto personalmente e indossato nel 1993 a uno dei primi ricevimenti ufficiali alla Casa Bianca di Bill Clinton, facendo un po’ di scandalo. E mentre insiste che invece questo prova che Hilary è anche un’icona di stile, scrive: “Star seduta con lei a parlare della sua vita personale e di quella politica è stati un onore surreale”.
Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked
(Nell’immagine un disegno di Meryl Rowin)
(30 settembre 2015)