L’intervista al regista Alberto Caviglia
“Il successo delle mie pecore”

caviglia“Cosa mi aspetto dall’uscita di Pecore in erba nelle sale? Beh sono principalmente curioso, non riesco davvero a immaginare cosa accadrà. Aspettiamo e vedremo”. Rivela il giusto mix tra tensione, gioia e un pizzico di terrore Alberto Caviglia, regista e sceneggiatore del mockumentary, il finto documentario di ispirazione alleniana, coccolatissimo dai critici all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, nel quale ricostruisce la paradossale vicenda di Leonardo Zuliani, un anti-eroe dai tratti mitologici inquietantemente incensato per il fervente antisemitismo. Classe 1984, Caviglia è alla sua prima prova alla regia. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia e la permanenza a New York e Londra per studiare cinema è stato a lungo assistente alla regia di Ferzan Özpetek. Riconoscibile per il witz che si nutre famelicamente di pellicole di Woody Allen e libri di Philip Roth, sul proprio profilo Twitter la sua descrizione cede il posto all’indimenticabile citazione del lamentoso Alexander Portnoy, celebre figlio letterario di Roth: «Questa è la mia vita, la mia unica vita, e la sto vivendo da protagonista di una barzelletta ebraica».

Come stai vivendo il successo delle tue Pecore in erba?
Prima di tutto non mi aspettavo di andare a Venezia e ho accolto con gioia e stupore la reazione del pubblico che ha visto il film durante la Mostra del cinema. Le proiezioni in anteprima a Roma, Milano e Torino mi hanno poi restituito una risposta entusiasmante da parte degli spettatori: le risate erano davvero tante e spero che questo continui con l’uscita nelle sale.

Dopo questa prima prova di successo hai già altri progetti?
Pensi di ritornare a trattare tematiche ebraiche? In realtà avevo già un’altra sceneggiatura in testa ma per il momento me la prendo comoda. Non so se tornerò a parlare di ebraismo e per la verità non credo che nemmeno Pecore in erba sia un film che possa essere definito di argomento ‘ebraico’, è più che altro incentrato sull’uomo e la sua ipocrisia.

Se c’è un elemento del film che ha colpito il pubblico, è stato sicuramente il cameo di alcuni personaggi pubblici, da Vittorio Sgarbi a Carlo Freccero fino a Kasia Smutniak e Carolina Crescentini che si sono prestati a mettere la loro faccia. Tutti si chiedono: ma come ci sarà riuscito?
La verità è che sono stato un vero e proprio ‘accollo’. Ho cercato in tutti i modi di coinvolgerli, scrivendo, telefonando, presentandomi fino a che ‘esasperati’ hanno accettato. E alla fine in Pecore in erba hanno finito per crederci anche loro.

Rachel Silvera twitter @rsilveramoked

(1 ottobre 2015)