Segnalibro – L’Egitto magico di Tobie Nathan
“Dicono che l’Egitto sia la madre del mondo, oum el donia… è anche la mia! Voglio dire: l’Egitto è mia madre, è la matrice di tutti i miei pensieri. Io provengo da lì. Noi altri, ebrei d’Egitto siamo di là, da sempre e ancora oggi. Noi c’eravamo con i faraoni. In un passato lontano, l’Egitto fu invaso dai persiani e noi eravamo là; poi dai babilonesi e noi eravamo là; dai greci, i romani, dagli arabi e noi eravamo ancora là. Noi altri, gli ebrei, siamo dei vitelli, immersi nel fango del Nilo, siamo dello stesso colore, degli autoctoni”. (Ce pays qui te ressemble, Tobie Nathan).
È un legame viscerale, saldamente intrecciato con la terra, i sapori e gli odori, quello raccontato da Tobie Nathan nel suo romanzo Ce pays qui te ressemble (Il paese che ti somiglia) pubblicato da Stock Editore. Vincitore del premio tunisino Liste Goncourt: le choix de la Tunisie, prestigioso riconoscimento letterario affiliato al ben più celebre Goncourt francese, Nathan racconta la vita degli ebrei egiziani prima della loro espulsione nel 1957, a seguito della salita al potere di Gamal Abdel Nasser.
Già opzionato da Cina, Israele e Romania, il libro verrà pubblicato in lingua araba nel 2016 per Sud Edition grazie al sostegno dell’Istituto francese di Tunisia e il suo autore sarà ospite d’onore alla Fiera internazionale del libro di Tunisi il prossimo marzo.
A muovere le fila di Ce pays qui te ressemble sono Zoahr, giovane ebreo del ghetto figlio di una madre bellissima e di un padre cieco, il cui destino lo farà quasi diventare un principe, e la sua sorella di latte Masreya, un’avvenente egiziana.
Intorno a loro i cittadini di un Egitto in ebollizione, giovani; vecchi, ricchi e poveri: “Un Egitto – recensisce la rivista Le Point – magnifico, poetico, sottomesso all’oppressione inglese, ribelle ed antisemita”, dove le sofferenze si mescolano alle speranze in un profluvio di musica e colori.
Dopo diverse prove letterarie, così, Nathan prende in mano la propria identità, quella di un bambino ebreo del Cairo costretto a lasciare la propria terra e la propria casa per ricostruire l’esistenza lontano. Un destino che lo accomuna alle migliaia di ebrei dei paesi arabi a cui toccherà un esilio obbligato come risposta alla nascita e al rafforzamento dello Stato d’Israele (in Italia a ricostruire recentemente la vicenda degli ebrei di Libia è stato Raphael Luzon con il suo Tramonto libico, edito da Giuntina).
Dopo una breve permanenza in Italia, a seguito dall’espulsione dal Cairo, Nathan si è trasferito in Francia dove ha ricevuto la cittadinanza a 21 anni e si è affermato come psichiatra sviluppando il ramo etnopsichiatria (la disciplina che analizza i disturbi psichici prendendo in considerazione anche la cultura e il luogo di appartenenza) di cui è uno dei massimi esperti. Alla sua specializzazione si è affiancata poi la carriera diplomatica come consulente dell’Ambasciata di Francia a Tel Aviv e a Conakry, in Guinea.
Nel romanzo, i suoi ricordi d’infanzia raccolti si innestano nella romanzesca storia dei protagonisti e richiamano involontariamente alla memoria una delle serie tv caso, Harat al-Yahud (Il quartiere ebraico), trasmessa lo scorso anno in Egitto durante il Ramadan. Ad essere i protagonisti erano l’ebrea Laila e Alì, ufficiale dell’esercito egiziano che si innamorano perdutamente mentre sullo sfondo gli estremisti del gruppo terrorista dei Fratelli musulmani, dipinti come ridicole macchiette, avanzano. Una storia che ha tenuto incollati gli spettatori (trascinando numerose polemiche in patria) e che con la leggerezza di una soap-opera ha rotto dopo mezzo secolo il muro di silenzio sull’esodo forzato degli ebrei dei paesi arabi.
Rachel Silvera twitter @rsilveramoked
(21 dicembre 2015)