I DIRITTI CIVILI, IL DIBATTITO Comunità LGBT, quale approccio ebraico
“Nell’ebraismo il punto di partenza di qualsiasi dibattito che abbia a che fare con gli esseri umani è che tutti sono creati a immagine di Dio e devono quindi essere trattati con rispetto. Maestri di Torah di ogni corrente dell’ebraismo hanno promulgato decisioni molto rigorose contro lo svilimento del prossimo a cause delle sue preferenze sessuali. Questa è la prima cosa che è necessario affermare quando si parla degli approcci della Torah nei confronti della comunità LGBT”. Così rav Benny Lau, rabbino della sinagoga Ramban di Gerusalemme, cugino dell’attuale rabbino capo ashkenazita di Israele David Lau, e influente voce nel dibattito pubblico (tra l’altro protagonista di un appuntamento televisivo per presentare la parashah settimanale in onda ogni venerdì su Arutz 1), interveniva sul Jerusalem Post la scorsa estate.
Un intervento scritto durante la settimana di lutto “per la sedicenne Shira Banki, di benedetta memoria, crudelmente uccisa durante il Gay Pride alla fine di luglio da un uomo haredì”.
Il terribile episodio avvenuto al Gay Pride di Gerusalemme (nell’immagine un momento dell’evento) ha portato Israele e tutto il mondo ebraico a discutere di ciò che in materia insegnano la tradizione e l’halakhah.
Rav Lau stesso ha ricordato che “se l’assassino si è escluso dalla comunità umana” e “la denuncia e lo shock per il suo atto sono riecheggiate nell’intero spettro della società religiosa, quando un omicidio così vile viene compiuto, occorre esaminare l’ambiente culturale che ha reso questa follia possibile”, e ha proseguito poi con un’analisi di fonti e categorie giuridiche ebraiche rilevanti in tema di omosessualità e unioni fra persone dello stesso sesso.
Eppure a queste domande se ne affianca un’altra, di genere diverso: quale può o deve essere l’approccio di una comunità ebraica, dei suoi leader religiosi, di fronte alla scelta del legislatore di intervenire sulla materia. Un interessante esempio di questa situazione arriva da quanto accaduto in America nel giugno 2015, quando la Corte Suprema ha legalizzato il matrimonio gay in tutti gli Stati Uniti. Tra le voci che si sono levate in favore della decisione, quella del rabbino Avi Weiss, tra gli esponenti più importanti del mondo ortodosso progressista, che ha proposto come argomento fondante della sua tesi la necessità di separazione tra religione e Stato. A opporsi alla decisione invece, il Rabbinical Council for America, la più grande organizzazione di rabbini ortodossi del mondo, che ha protestato in particolare contro la ridefinizione di matrimonio, “un’istituzione definita dalla Bibbia e dai successivi canoni religiosi, ed è sulla base della vita familiare tradizionale che la nostra società è stata costruita nel corso dei millenni”.
Rossella Tercatin
(28 gennaio 2016)