purezze…
Certo che se si valuta il mondo attraverso la lente dell’omnia munda mundis, tutto è puro per i puri, motto latino contenuto nell’epistola di S.Paolo a Tito, non stupisce il fatto che nel giro di una settimana si può stringere la mano di chi rappresenta un popolo che, esistendo, dimostra il livello di civiltà della società nella quale vive e la mano di chi nega ogni senso di civiltà condivisa e minaccia l’annientamento del primo popolo o la negazione della sua storia.
In una sola settimana, se si è convinti di essere puri, si può benedire il popolo della Torà usando le parole della Torà e si può accettare la richiesta di preghiera di chi è solito, in nome di Dio, impiccare omosessuali, lapidare donne e torturare dissidenti.
In una sola settimana, se si è certi che ciò che è puro è decisamente nostro, si può dire di essere contrari ad ogni forma di antisemitismo e si può invitare in casa propria un antisemita.
Perché se ciò che faccio è intrinsecamente puro, dato che io sono puro, la morale diventa un mio personale mezzo di espressione e non un monito, un dettame al quale sono sottomesso, indipendentemente se io sia Re, Papa, Presidente o Ciabattino. E così siamo lontanissimi dal messaggio biblico che voleva il Re, il Profeta, il Sommo Sacerdote sottomesso alla Legge morale come e più di tutti, senza purezze personali da sfoggiare come medaglie.
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
(29 gennaio 2016)