Qui Torino – Il volume sull’occupazione nazista Grecia, la vita ebraica spezzata
Giannina, cittadina nell’Epiro. È il 25 marzo 1944, giorno di festa nazionale in Grecia, quando si consuma la tragedia: a sei mesi dall’armistizio, soldati tedeschi fanno irruzione nel ghetto della città, intimando agli ebrei di andare in piazza, ognuno con un bagaglio di massimo 40 chili. Vi trasferiremo in nuovi insediamenti ad Est, l’infame bugia dei tedeschi al presidente della Comunità per evitare proteste. Quasi duemila persone furono deportate nei lager nazisti e pochissime sopravvissero. A raccontare la storia poco conosciuta di Giannina, Christoph U. Schminck Gustavus, docente di diritto all’università di Brema, che ha presentato nelle sale della Comunità ebraica di Torino il suo lavoro Inverno in Grecia. Guerra, occupazione, Shoah. 1940 – 1944 (Golem Edizioni, 2015). Nell’imponente opera di ricerca storiografica viene ricostruita, tramite documenti e fotografie, la tragica vicenda che colpì la Comunità ebraica greca dell’Epiro, formata per lo più da ebrei romanioti. A dialogare con l’autore, Moysis Elisaf, presidente della Comunità ebraica di Giannina (di cui compare un testo in appendice al libro), Davide Shiffer, neurologo e curatore del testo. A moderare la serate, Giovanni Perona, docente di Storia Contemporanea, che ha messo in luce come l’evoluzione storico-geografica della Grecia abbia inciso sul destino degli ebrei:
la parte continentale, in particolare, diventerà parte della Grecia solamente nel 1913 e l’identità greca sarà dettata da confini imposti. Un’identità costruita artificialmente in cui gli ebrei non rientravano, assieme ad un’altra minoranza, gli albanesi.
L’autore presenta la sua opera attraverso una raccolta di fotografie in bianco e nero, scatti rubati. Qui la fotografia, nata come macabro reportage per i giornali tedeschi che celebravano gli atti gloriosi del Reich, assume i connotati di prova schiacciante, diventa elemento chiave di una scena del crimine. Alcune foto non hanno bisogno di commenti, spiega Gustavus, ad accompagnarle solo il canto dei Salmi. Le immagini raccontano la partenza degli ebrei sugli 80 camion diretti ai treni: uomini al punto di raccolta, tagli sui bambini. Sono stati caricati prima gli uomini perché non reagisse nessuno, spiega Gustavus. 1725 anime deportate, 12 giorni di viaggio li separavano dalle camere a gas. “Dedico questa sera a tutti coloro che non hanno fatto ritorno a casa”.
Compaiono poi le fotografie dei volti dei testimoni, intervistati dall’autore negli anni Novanta. Erano ex partigiani o staffette, all’epoca giovanissimi. I pochi sopravvissuti invece rimasero avvolti in un profondo silenzio. Un ex partigiano racconta del suo tentativo di salvare un amico ebreo, doveva trovarlo tra gli 80 camion e farlo scappare in montagna. Quando lo trovò gli fece cenno di seguirlo, ma l’amico abbassò lo sguardo, poi i suoi occhi si posarono sul padre e i fratelli. L’amico capì che da solo non sarebbe mai scappato.
Gustavus inizia le sue ricerche nell’archivio di Brema. Attraverso le pratiche e gli atti delle istruttorie ricostruisce i dettagli della vicenda e porta alla luce anche molte falsità riportate nei documenti, come il fatto che dopo la deportazione di 1725 ebrei fosse aumentata la simpatia dei greci verso i tedeschi. Gustavus raccoglie trentacinque fascicoli, l’accusa non c’è mai stata, dice, ma i responsabili dei fatti di Giannina hanno un nome e un volto: Walter Blume, un diplomatico tedesco mandato ad Atene e un ufficiale della gestapo di Brema trasferito anche lui ad Atene. A Blume viene dato l’ergastolo, ma nel 1966 ottiene la grazia ed esce di prigione. Il secondo imputato viene internato dagli inglesi, l’istruttoria viene archiviata nel 1970. Vengono entrambi catalogati come ‘aiutanti’ di quei fatti, perciò dopo 15 anni le accuse caddero in prescrizione. “Entrambi vennero quindi ingiustamente denazificati”, l’amara conclusione dell’autore.
A prendere poi la parola, Moysis Elisaf , presidente della Comunità ebraica di Giannina ed autore di un testo “L’uovo del serpente”.“Oggi a Giannina risiede una piccola comunità che si batte contro il tempo per sopravvivere”, afferma Elisaf. Poi legge il suo testo. La lingua greca invade la stanza e fa da sottofondo mentre il pubblico legge la sua copia in italiano. “ […] Nelle testimonianze leggo: in quella notte fatale del 25 marzo 1944 nevicava a Giannina e quei grandi assassini, i responsabili dell’azione-ebrei, non erano presenti nei luoghi di raccolta. Presenti erano invece tutti questi piccoli funzionari degli ingranaggi nella macchina della morte”. […] Quali moventi avevano creato questa incondizionata ubbidienza agli ordini del Fuhrer? […] Ma tutto questo, afferma subito qualcuno, era solo il risultato di ‘specifiche condizioni storiche’. Però, l’uomo non è soltanto un risultato di condizioni storiche. Anzi le crea e le trasforma anche. […] Se vengono interrogati sul loro passato e sul perché hanno adempito ai loro doveri tremendi, rispondono con tranquilla coscienza: ‘Non ho saputo nulla!’, ‘Non ho visto nulla!’. […] Allora entra in gioco la storiografia non ufficiale. Uno “storico scalzo” ha raccontatole testimonianze di gente semplice in questo libro, ricordi di chi era presente e ha visto tutto”.
Alice Fubini
(9 febbraio 2016)