Bologna – Carlo Vitale, pittore lirico

vitaleNegli spazi espositivi del Museo ebraico di Bologna si inaugura oggi la mostra “Carlo Vitale. opere 1927-1949”.
Organizzata in collaborazione con lo Studiolo di Milano, la mostra, a vent’anni dalla scomparsa dell’artista, vuole rendere omaggio al momento più intenso della produzione artistica di Carlo Vitale con un percorso di dipinti ad olio – anche inediti – incisioni e guaches e con una varietà di temi trattati, dal paesaggio, al ritratto, alla natura morta, a momenti della vita e della tradizione ebraica.
Un focus sul momento certamente più intenso della sua pittura, che pure conobbe periodi di ancora maggior vigore cromatico, ma mai più fu così sublime, equilibrata, ispirata e contestuale al suo tempo, intrisa di un elegante lirismo.
Carlo Vitale (1902-1996) fu pittore nella Milano degli anni Trenta, di respiro euro­peo, amante di Parigi e votato all’impressione, ma tecnicamente capa­ce di affrontare qualunque stile e soggetto. La sua lunga attività ha attraversato tutto il Novecento: la sua formazione classica, nutrita e consolidata dallo studio intelligente dei maestri del Cinquecento e del Seicento, si arricchì poi di tutte quelle emozioni e passioni che seppe cogliere ancora molto giovane a Parigi. Tuttavia, Vitale ha seguito con coerenza in tutto il suo percorso la sua vena naturale, quella dell’eleganza e della libertà. Come un leggero e onirico personaggio chagalliano, Carlo Vitale seppe fluttuare tra le avanguardie artistiche, senza abbracciarne totalmente nessuna, ma da ciascuna distillando visioni e informazioni.
E forse proprio in questo processo di epurazione, di ricerca di un valore “assoluto” e di libertà che sta la cifra della sua ebraicità, come ricerca di essenzialità e di sintesi espressiva.
Vitale sentiva nell’arte “il bisogno strano, complesso, pieno di tormenti e pene, di ostacoli e dubbi, dispiaceri, rinunce, di fare, di creare, di combinare con applicazioni le più varie, di accostare le cose più diverse, di comporre e scomporre, di cambiare continuamente, operando sugli esseri e sugli oggetti, sugli avvenimenti e i motivi che la natura ci offre. Combinare, costruire con la linea la superficie, il numero, la forma, il ritmo, l’astrazione, l’ordine: opposizione quindi alla natura che non compone, ma astrae”.
Gratificato da una carriera artistica sempre luminosa, tuttavia a causa delle leggi razziali dovette modificare il cognome e conobbe la fuga in Svizzera e un temporaneo ma doloroso esilio.
Al ritorno della guerra trovò un mondo cambiato.
La mostra, corredata da catalogo, rimarrà aperta al pubblico fino al 10 maggio.

Vincenza Maugeri, direttrice del Museo ebraico di Bologna

(10 marzo 2016)