Bologna, al Museo ebraico
i laureati tornano protagonisti

bolognaSi è da poco conclusa, al Museo Ebraico di Bologna, la prima serie di tre appuntamenti del progetto “Oggi mi laureo al MEB”. Nato in collaborazione con la Scuola di Lettere e Beni culturali dell’Università di Bologna, il progetto ha lo scopo di offrire ai giovani laureati in materie inerenti all’ebraismo l’opportunità di tenere una conferenza pubblica esponendo i contenuti delle loro tesi insieme al relatore. Da questa prima serie, sono uscite tre interessantissime conferenze che i giovani relatori hanno saputo condurre con competenza e disinvoltura e che il pubblico ha dimostrato di apprezzare molto intervenendo, in tutte e tre le occasioni, con osservazioni e domande. La freschezza dei ragazzi ha tolto di mezzo timidezze e timori reverenziali che talvolta colgono gli ascoltatori in presenza di figure con ricchi curricula professionali alle spalle, regalando a tutti un piacevole pomeriggio di conversazioni a elevato livello culturale in un clima amichevole e rilassato.
Il primo a “laurearsi al MEB” è stato Cesare Barbieri, laureato in lettere moderne all’Università di Bologna, che, il 5 aprile, ha “ridiscusso” la sua tesi di corso triennale insieme al relatore, professoressa Francesca Sofia, e davanti a un pubblico particolarmente qualificato per la presenza, tra gli altri, del professor Costantino Marmo, direttore della Scuola di Lettere dell’Università di Bologna e sostenitore convinto dell’iniziativa, della professoressa Antonella Salomoni, sempre dell’Università di Bologna e del professor Piero Capelli dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
La tesi dal titolo “Il nascondere nell’ebraismo: il Nome di Dio e la sua rivelazione a Mosè” verte sulla rivelazione del tetragramma e sulla nuova alleanza stretta dal popolo ebraico con Dio per il tramite di Mosè, puntando a dimostrare che tra Dio e il popolo si instaura un patto basato su una reciproca fiducia, in cui anche la divinità, rivelando il proprio nome a un eletto e chiedendogli di proteggerlo con il divieto di scriverlo e di pronunciarlo, limita se stessa per fare spazio alla sua creatura.
Il 12 aprile, invece, è stato il turno di Chiara Quici, laureata al DAMS di Bologna con una tesi di triennio intitolata “Creatività e cura: l’arteterapia di Friedl Dicker Brandeis”. La tesi, da cui è stato tratto un articolo pubblicato sulla rivista online “Psico-Art”, è stata presentata al Museo Ebraico insieme al relatore professor Stefano Ferrari, docente di psicologia dell’arte presso l’ateneo bolognese. Il lavoro ripercorre la vita e la carriera di Friedl Dicker Brandeis di cui analizza il lavoro svolto nel campo di concentramento di Terezín con i bambini internati, mettendone in evidenza i chiari intenti pedagogici, precursori delle attuali teorie sull’uso terapeutico dell’espressione artistica. L’appuntamento, inserito dal docente nell’ambito di un più ampio seminario di approfondimento rivolto agli studenti, ha richiamato un folto pubblico di giovani fortemente interessati al tema, che si sono sentiti liberi di chiedere chiarimenti e suggerimenti a una compagna di corso più matura e già arrivata alla conclusione del suo primo ciclo di studi universitari.
L’ultimo appuntamento, infine, il 19 aprile, ha visto Federica Di Padova, laureata in storia contemporanea presso l’Università di Bologna e attualmente impegnata nel dottorato di ricerca, riproporre, insieme alla professoressa Antonella Salomoni dell’Università della Calabria, il suo lavoro di tesi magistrale. La ricerca, dal titolo “Jewish Displaced Persons in Italia tra il 1945 e il 1948. Permanenza e vita quotidiana nei campi profughi”, verte sul destino degli ebrei sopravvissuti e scampati allo sterminio negli anni dell’immediato dopoguerra con particolare riferimento all’Italia e ha comportato un serio e approfondito lavoro d’archivio, in quanto le notizie relative a questo specifico capitolo della storia postbellica sono ancora molto scarse e frammentarie.
Il tema, straordinariamente attuale i drammi legati alle grandi migrazioni che il modo occidentale sta vivendo in questi tempi, ha catturato l’attenzione del pubblico, suscitando vivo interesse per la particolare angolatura con cui veniva affrontato il vasto e composito tema della Shoah.

Caterina Quareni, Museo Ebraico di Bologna

(5 maggio 2016)