Yom HaShoah, l’Italia ebraica
vigila sulla sfida del ricordo
Molti appuntamenti in tutta l’Italia ebraica per Yom haShoah, solenne giornata di ricordo declinata nel segno dell’introspezione. Significativo tra le varie iniziative l’esordio italiano di “Zikaron baSalon”, iniziativa israeliana che permette a un pubblico ristretto, in un contesto privato, di confrontarsi in modo più intimo con un Testimone della Shoah.
“La mia porta è sempre aperta ai giovani” ha raccontato, in una emozionante testimonianza seguita dalla nostra redazione, il sopravvissuto Alberto Sed. Nei suoi occhi il dolore per le molte, atroci, ferite del passato. Ma anche la consapevolezza del ruolo che continua a svolgere, assieme agli altri Testimoni, per la difesa dei valori fondamentali delle società democratiche e progredite. E quindi la necessità di tracciare, segnare una via irrinunciabile.
”L’iniziativa si è rivelata un successo, lasciando un segno sia nei testimoni che nei giovani che hanno ascoltato le loro parole. Auspicabilmente, l’inizio di un percorso” sottolinea la direttrice del centro di cultura ebraica Miriam Haiun, che fortemente ha collaborato in questi giorni con assessorato alla Cultura, assessorato ai Giovani, i vertici comunitari, Progetto Memoria e la Fondazione Museo della Shoah.
“Dobbiamo essere noi giovani a raccogliere il testimone e diventare sentinelle della Memoria”. A parlare Davide, nipote di Nedo Fiano, sopravvissuto alla Shoah, a lungo impegnato a portare la propria testimonianza nelle scuole. Il nonno non ha potuto partecipare alla cerimonia organizzata alla sinagoga centrale di Milano e così è stato lui ad accendere una delle sei candele in ricordo dei sei milioni di ebrei vittime della Shoah. Una cerimonia molto essenziale nel corso della quale, come ogni anno, sono stati letti i nomi (forniti dalla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea) degli ebrei partiti da Milano per i campi di sterminio. A coordinare l’organizzazione dell’iniziativa l’Associazione Figli della Shoah, che ha lavorato insieme alla Comunità ebraica di Milano, al rabbinato centrale, alla Fondazione Cdec, e alla Fondazione Memoriale della Shoah. A sottolineare l’importanza di questo momento ebraico del ricordo, il rabbino capo di Milano rav Alfonso Arbib. Presenti alla cerimonia, nel corso della quale si è tenuto un minuto di silenzio per le vittime, il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e della Fondazione Memoriale della Shoah Roberto Jarach e i due presidenti della Comunità Milo Hasbani e Raffaele Besso. Al loro fianco tanti giovani, provenienti dalle scuole ebraiche milanesi ma anche iscritti alla Keillah che frequentano altri licei della città. Assieme a Davide Fiano, ad accendere le candele alcuni sopravvissuti ai campi di sterminio, tra cui Liliana Segre e Miriam Linker (che ha acceso la candela assieme a Beatrice Uggeri) e alcuni parenti delle vittime come Barbara Silvera, nipote di Lelio e Bahia e della loro figlia Violetta, Nina Szulc con la nipote Ester, e le sorelle Franca, Elena e Paola Morpurgo, figlie dell’ingegner Gualtiero Morpurgo.
“Indifferenza e silenzi: prima, durante e dopo” il titolo di una giornata di studio svoltasi presso la scuola ebraica di Torino. Introdotta dalla preside, Sonia Brunetti, la giornata è stata segnata da vari approfondimenti su “Il peso delle bugie”, “L’edicola delle leggi della difesa della razza”, “Le voci della Storia e della Memoria”, “Quando la storia bussa alla tua porta”. A colloquio con gli studenti anche lo storico Carlo Greppi.
Inaugurata a Firenze la mostra “Per non dimenticare, Libri Bianchi” di Lorenzo Perrone.
Libri ingessati, dolenti che, illeggibili nel senso tradizionale del termine, per altre vie ci trasmettono il loro messaggio che va oltre al ricordo dei libri bruciati negli anni bui, ricordo ben doloroso. Dopo i saluti ufficiali, dell’origine della mostra ha parlato Emanuela Servi, presidente dell’Adei di Firenze. I libri usati per queste opere hanno le loro radici nel tempo della Shoah quando un uomo e una donna, Egisto Millul e Lelia Bemporad, furono deportati per non fare più ritorno lasciando sola la loro figlia Marcella. Marcella, da sola, con coraggio e in maniera quasi inspiegabile si salvò, si prese cura di sé nei difficili anni del dopo guerra e sempre da sola,nel ’51, ebbe un figlio, Enrico Millul, che amò di un grande amore intenso. Enrico, un bambino con gravi problemi motori, era intelligente, creativo e Marcella si dedicò alla sua crescita fisica ed intellettuale, spronandolo a studiare, a dipingere comprandogli libri, tanti libri che tutti Enrico lesse e studiò, quei libri andarono a riempire la loro modesta abitazione. Enrico è restato solo pochi mesi fa, ha lasciato la sua casa ed è stato accolto alla casa di riposo con calore ed affetto. Cosa fare dei tantissimi libri che non potevano tutti trovare spazio nella sua stanza? Seguendo il consiglio di Daniela Misul, Enrico li ha donati a Lorenzo Perrone che, in parte, li ha usati per questa mostra allestita nel museo della sinagoga di Firenze diretto da Dora Liscia.
È seguita la commemorazione davanti alla lapide con la lettura dei nomi di tutti gli ebrei fiorentini deportati, il rabbino Nathan Cassuto, i bambini e le bambine, le donne, gli uomini, giovani e anziani. Tutti rami che non potranno più fiorire.
Poi lo spettacolo creato e diretto con grande bravura e sensibilità da Eyal Lerner “Che non abbiano fine mai… La memoria ebraica fra musica e racconti” a cui hanno partecipato da protagonisti ragazzi della Comunità. Bravissimi con la loro musica, con la loro capacità di impersonare nelle letture e testimonianze. “Ci hanno ricordato chi non c’è più ed è morto nel tentativo di portare aiuto agli ebrei europei Enzo Sereni zl e Hannah Szenes zl, ma anche chi è tornato dall’orrore ed ha raccontato” ha sottolineato la presidente della Comunità ebraica Sara Cividalli. I più piccoli hanno letto i nomi dei bambini deportati da Firenze con i differenti convogli.
Significativo anche l’impegno sul fronte didattico e accademico, curato in particolare dalla professoressa Silvia Guetta, che oltre a contribuire alla realizzazione dello spettacolo di Lerner, che aveva già portato a Firenze nel recente passato, ha accolto nelle aule dell’università degli studi il dottor Yiftach Ashkenazy, responsabile per il Museo dello Yad Vashem di Gerusalemme, per un confronto sui rapporti con l’Italia per i corsi sulla formazione e la didattica alla conoscenza della Shoah.
“La Shoah vista con gli occhi dei giovani”. Questo il titolo dell’evento svoltosi presso il Tempio italiano di Gerusalemme, organizzato dal gruppo giovanile della comunità italiana in Israele, la Giovane Kehilà, con la partecipazione dei giovani stessi e alla presenza dell’ambasciatore Francesco Maria Talò, del console generale Davide la Cecilia e di tanti membri della comunità. I protagonisti della cerimonia sono stati i giovani stessi: 14 ragazzi della Giovane Kehilà e fra loro quattro soldati dell’esercito israeliano.
“Ricordare la Shoah è il nostro dovere. È importante farlo in comunità perchè la Shoah fa parte della nostra identità oltre che della nostra memoria collettiva. È importante farlo ogni anno perchè la ritualita ci aiuta a ricordare ed è importante farlo al Tempio Italiano per dimostrare che questo ebraismo è ancora vivo. Non solo è vivo ma fiorisce. Fiorisce in Eretz Israel” ha spiegato Michael Sierra, presidente della Giovane Kehilà.
“La cerimonia si è divisa in tre parti. Nella pima parte, “la Shoah come è vista negli occhi dei più giovani, i bambini”, sono state lette le testimonianze di Miriam Viterbi e Lia Levi.
La seconda parte si è intitolata “La Shoah come è vista negli occhi dei giovani più grandi, i membri della resistenza e gli eroi della società civile”.
Nelle terza parte, “La Shoah come è vista negli occhi dei giovani di oggi”, sono state lette riflessioni e poesie dei ragazzi.
(6 maggio 2016)
(Nell’immagine in alto Alberto Sed durante la sua testimonianza per Zikaron baSalon nel salotto di casa Piperno)