memoria…

Per aiutarci a capire in che clima viviamo e a indurci a qualche riflessione su noi stessi ci soccorre in questi giorni Giorgio Almirante. È abbastanza sorprendente che qualcuno si sorprenda che Giorgia Meloni intenda dedicargli una via di Roma, proprio a lui, firmatario del Manifesto della razza (1938) e segretario di redazione de La difesa della razza. Del resto, la politica romana doveva pur proporre un candidato, Giorgia Meloni appunto, per cui anche Casa Pound potesse votare. Ma se non c’è da sorprendersi oggi non c’era da sorprendersi neppure ieri, quando Giorgia Meloni, pur note le sue radici ideologiche e le sue posizioni, veniva ricevuta a colloquio da una delegazione comunitaria al massimo livello. È lecito sorprendersi, infatti, che chi guida una comunità ebraica non tenga in alcun conto la sensibilità dei suoi iscritti, o almeno di una parte di loro (speriamo abbondante!), e riceva un politico di tal fatta che sotto elezioni cerca, chissà perché, di ingraziarsi l’elettorato ebraico con promesse varie. Sia chiaro – e lo dico a favore degli amici di destra – che personalmente non riceverei neppure uno stalinista antisemita o, per essere ancor più chiari, un comunista antisionista o, per essere chiarissimi, un qualsiasi politico di qualsiasi tendenza che cercasse legittimazione da parte degli ebrei. Perché gli ebrei, diversamente da quanto piace pensare, non fanno lobby e non votano tutti allo stesso modo. Ma qualcuno ama crederlo. E a qualcun altro piace lasciare che lo si creda. Ma in tutta questa strumentalizzazione e in tutto questo opportunismo politico, un rabbino capo che cosa c’entra? Opportunità forse vorrebbe che la figura spirituale di chi è delegato, fra le altre cose, all’Halakhah, evitasse di farsi coinvolgere in eventi di carattere politico-elettorale.
Oltretutto, non saremo così ingenui da pensare che chi ci cerca non conosca benissimo la nostra inconsistenza numerica e le nostre (fortunatamente) diversità ideologiche; chi ci cerca (in queste occasioni succulente) vuole solo far passare un proprio messaggio politico per rifarsi una irrimediabilmente perduta verginità.
La cosa per noi più dannosa di queste commistioni è che dagli ebrei si cercano imprimatur simbolici, e ciò, purtroppo, a scapito dell’immagine stessa del nostro ebraismo. Il prezzo da pagare è decisamente troppo caro.
Un’ultima considerazione, di non poco peso: ma le nostre guide, quelle politico-amministrative e quelle spirituali, rivolgono mai nella loro azione di governo un seppur vago pensiero al dovere, oltre che di rappresentare, di educare la loro comunità, di mostrare la via del rispetto per la loro storia e per la loro cultura? O si vive alla giornata, dimenticando e riattualizzando tutto in base all’opportunità?
Forse ha ragione Virginia Raggi che, con il senso della storia tipica dei 5 Stelle, dichiara fuori tempo la polemica sulla strada di Giorgio Almirante. Non sia mai che la memoria non ci aiutasse a fare storia. Sarebbe pericoloso. Anzi, potremmo intitolare una piazza a Mussolini. Viviamo in tempi di qualunquismo.
Ma forse dalla comunità di Biella si vede tutto da una prospettiva falsata.

Dario Calimani, anglista

(24 maggio 2016)