In Eretz, a lezione di gusto
È la curiosità nei confronti di tutte le culture il punto forte degli israeliani, quello che li porta anche a voler scoprire sempre di più anche la cucina italiana. Lo racconta a Pagine Ebraiche Ever Cohen, che la scena gastronomica del paese ha avuto modo di conoscerla a fondo nei dodici anni passati alla guida della delegazione dell’Accademia italiana della cucina, l’istituzione riconosciuta dal ministero dei Beni e delle Attività culturali nata per promuovere l’aspetto culturale del cibo in generale e della cucina italiana in particolare, tutelandone l’autenticità e proponendo varie attività divulgative come convegni, pubblicazioni, ricerche storiche, istituzioni di premi e borse di studio. L’Accademia ha più di duecento delegazioni in tutte le province italiane, ma anche 69 all’estero in cinque continenti, nate per fare sì che la cucina italiana mantenga la sua autenticità anche fuori dai confini nazionali. Cohen spiega infatti che spesso accade che le ricette vengano reinterpretate secondo il gusto locale, “ma i risultati sono spesso incompatibili con il nostro, a causa delle troppe alterazioni”. “Valorizzare i prodotti tipici, farli conoscere, divulgare la preparazione e la degustazione di quello che l’Italia ha saputo produrre in campo gastronomico vuol dire anche difendere la propria identità culturale, poterne esigere il rispetto e rafforzarne l’immagine di qualità”, si legge dunque sul sito dell’Accademia. Per farlo, in Israele la delegazione organizza vari eventi, tra gli altri anche in collaborazione con l’Istituto di cultura italiana di Tel Aviv, e soprattutto gira i ristoranti, per valutarne la qualità, controllare che rispettino alcuni standard e recensirli sui canali dell’Accademia. Tra gli errori più frequenti, spiega Cohen, vi è quello di buttare nel sugo della pasta con una quantità eccessiva di ingredienti, che creano sofisticazioni che sono lontane dalla semplicità dei sapori italiani. Nonostante questo, nell’ambito di una crescita generale dell’interesse per la cucina e la gastronomia, Cohen rileva anche un miglioramento in quelli che sono i tentativi degli chef israeliani di portare nel paese una cucina italiana più autentica. “Negli ultimi vent’anni è stato un fenomeno molto rilevante – osserva – e la grande intelligenza degli chef israeliani è stata quella di riuscire a coinvolgere le cucine di tutte le culture”. Del resto, la rivista di viaggi Traveler, ha nominato Tel Aviv tra le cinque città con la migliore cucina al mondo, e parlando di questo boom Cohen fa ad esempio notare che alla televisione sono sempre più numerosi i talent e i programmi di cucina. In questo contesto in costante evoluzione si sono così moltiplicati anche i ristoranti italiani, anche se non sono ancora moltissimi, ma soprattutto è notevolmente aumentata l’importazione di prodotti italiani, come la pasta, il che per Cohen è specchio del fatto che gli israeliani amano cucinarli. Tripolino, spostatosi poi a Roma, Ever Cohen è arrivato in Israele perché è “cresciuto con il sionismo”. Eclettico imprenditore di professione, all’alimentazione si è sempre interessato come sportivo e negli anni ha approfondito quella che è diventata una vera e propria passione. Per contrastare la sbagliata interpretazione della tradizione culinaria italiana all’estero, per lui lo strumento più efficace sono i corsi di cucina, di cui c’è sempre maggiore richiesta, e che sono tra i suoi progetti per il futuro. Ma per quanto riguarda la cucina italiana, esiste già un miglioramento: “Io penso che sia legato al fatto che molti israeliani hanno finalmente scoperto che l’Italia non è solo Roma, Firenze e Venezia. Un tempo andavano solo lì – le sue parole – però mano a mano grazie al loro spirito d’avventura hanno scoperto anche il sud dell’Italia e soprattutto le cucine territoriali”.
Francesca Matalon
(31 luglio 2016)