Sherut, il destino in bilico dei taxi collettivi

Central Bus StationSe siete stati in Israele, l’avrete certo visto: l’esercito di monyot sherut – minibus che prestano un servizio a metà tra un taxi e un autobus di linea normale – che popolano le strade di Tel Aviv, Gerusalemme e delle altre città del Paese. Sono uno dei mezzi di trasporto più diffusi in Israele: seguono percorsi specifici, di solito in coincidenza con le principali linee di autobus urbani e interurbani; possono operare di sabato, nei festivi e la sera tardi, quando il servizio regolare di autobus si ferma. Una volta saliti sul minibus, si dice al “nahag” – autista – dove si vuole andare e si paga una tariffa fissa calcolata sulla distanza. Il loro essere molto popolari non li ha però messi al riparo da due problemi incombenti: il primo, il rinnovo delle licenze che scadono tutte a fine di quest’anno, situazione che ha creato molto fermento tra gli autisti degli sherut; il secondo, la concorrenza di servizi come Uber o GetTax, che hanno gradualmente portato via una fetta di utenti e quindi di incassi.
Come racconta un articolo di Haaretz, alla Knesset – rispetto alla questione licenze – c’è una proposta di legge che permetterebbe al governo di estendere le licenze esistenti per altri tre anni, fino alla fine del 2019 . Allo stesso tempo, il disegno di legge prevede l’aggiunta di nuove rotte laddove necessario; rotte che saranno affidate attraverso gare d’appalto tra le compagnie di taxi esistenti e i nuovi operatori. La cosa darà in teoria un po’ di respiro alla realtà degli sherut che è comunque vede i suoi numeri continuamente diminuire: all’apice, l’industria di questi taxi collettivi poteva contare tra i 1700 e i 1900 veicoli in attività. Oggi il numero è sceso tra gli 800 e i mille, gestiti da 50 aziende diverse. Una diminuzione dovuta al costo sempre meno competitivo rispetto al trasporto pubblico e all’introduzione di servizi di taxi privati come uber e GetTaxi.
Rimane importante il numero di persone che quotidianamente usano gli sherut: tra le 100mila e 150mila, secondo i dati del ministero dei Trasporti. Il doppio secondo altre fonti del settore, che calcolano anche tutta la realtà del nero.