5777 – Un anno di solidarietà

dureghello thumb Durante la Tefillah che viene recitata a Rosh Hashanah è detto: “Finisca l’anno con le sue maledizioni. Cominci l’anno con le sue benedizioni”. Questo è innanzitutto il mio augurio per tutti noi.
Ci insegnano i nostri maestri che, di Rosh Hashanah, è importante guardare al passato e ragionare sul proprio impegno futuro con nuovi occhi, imparando dai giorni vissuti. Il nuovo anno deve essere occasione per affrontare e vivere nuovi momenti comunitari, nuove sfide, nuove prospettive.
Dal giorno in cui mi sono insediata come presidente di questa Comunità, molte cose sono accadute e altrettante sono cambiate.
È stato un anno pieno di grandi mutamenti ma anche di serie difficoltà che hanno imposto scelte dure e dolorose, che ci hanno visti impegnati sia sotto i profilo interno che su quello esterno senza mai trascurare il bene e l’importanza che il nostro ruolo ci impone. Scelte proprio dettate dal senso di responsabilità e dalla necessità di segnare un cammino che ponesse il bene di tutti al primo posto.
Uniti in questo percorso difficile ci siamo impegnati per mantenere viva la Comunità attraverso i suoi luoghi di culto ma soprattutto con le nostre scuole, motore e cuore dell’ ebraismo, consapevoli che il futuro passa attraverso l’educazione ebraica e un costante investimento nei valori che la Torah e i nostri maestri ci tramandano da generazioni.
Per questo, devo ringraziare il lavoro quotidiano che viene svolto negli uffici comunitari, dalla Deputazione, dalle Scuole ebraiche, dagli Asili “Elio Toaff” e nelle nostre tante sinagoghe.
Diverse le occasioni in cui la Comunità di Roma ha sottolineato il suo ruolo centrale e ribadito il suo impegno e riconoscimento a livello mondiale; non solo con la partecipazione ad eventi di vertice ma anche con momenti di grande emozione e coinvolgimento: nove mesi fa, insieme a papa Francesco la nostra Comunità ha segnato un altro passo importante nell’affermazione di principi ineluttabili di condanna dell’antisemitismo e dell’antisionismo.
Non posso nascondervi, però,  che ogni giorno la Comunità affronta situazioni fortemente disagiate:  famiglie che non hanno da mangiare, genitori che hanno perso il lavoro, sfratti alle volte ingiusti.
Aiutiamo i nostri fratelli in difficoltà, a far fronte alle esigenze e ad avere idee nuove per poter affrontare un futuro. Per il nuovo anno questo deve essere il nostro proposito. Accade purtroppo che molti perdono con litigi, maldicenze e incomprensioni il senso dell’unità e della solidarietà che ci ha sempre contraddistinto: mettiamo da parte le divisioni, spesso virtuali, e pensiamo ai problemi reali.
In questo periodo di incertezze e difficoltà posso dire che nessuno sarà solo; soprattutto chi guida la Comunità sarà sempre al fianco di chi ha bisogno.
Nessuno sarà solo ora, come non lo sono state 50 anni fa le tante famiglie di origine tripolina cacciate dalla Libia che giunsero a Roma in fuga. Famiglie che oggi sono una parte importante della nostra Comunità, che, nella sventura, hanno portato una componente di vitalità e arricchito le nostre tradizioni con punti di vista diversi, tanto entusiasmo e altrettanta generosità.
Siamo davanti a una serie di mutamenti che ci riguardano e che dobbiamo osservare, comprendere, affrontare insieme con serenità e razionalità.
Il terrorismo che dilaga in Europa e nel mondo, non è di certo per noi una nuova sfida; questo Tempio e molte persone tra noi ne portano ancora i segni indelebili. Lo abbiamo dentro casa in Israele. Sappiamo come gestirlo e sappiamo soprattutto che non dobbiamo arrenderci a questa logica. Facciamo sentire la nostra voce, unita e in modo intelligente. Dobbiamo agire per un unico ed imprescindibile scopo: il bene del popolo d’Israele, a Roma e in ogni luogo.
Con l’antisemitismo che cresce, l’odio verso Israele che assume forme diverse e di fronte alla sofferenza delle nostre famiglie, non possiamo permetterci alcuna conflittualità. Ognuno di noi deve sentirsi responsabile per l’altro. Nel fare bilancio di questo anno chiediamoci se abbiamo fatto abbastanza o se possiamo fare di più.
Il futuro dei nostri figli e di questa Comunità non è solamente nelle mie mani, nelle decisioni della Giunta o del Consiglio, ma è nel cuore di ciascuno di noi. Restiamo uniti poiché solo nell’unità il popolo ebraico vive e sopravvive.
Un grande ebreo che ci ha appena lasciato, Shimon Peres z’l, usava dire: “L’ottimista e il pessimista muoiono allo stesso modo. Semplicemente vivono due vite diverse. Io preferisco essere ottimista”.
Abbiamo il dovere di seguire il suo insegnamento.
Shanah tovah umetukah. Possa quest’anno donare dolcezza e felicità al popolo d’Israele.

Ruth Dureghello
presidente della Comunità ebraica di Roma

(5 ottobre 2016)