Milano – Dalla Shoah all’etica medica, parole e immagini per capire
“Sebbene sia insopportabile, occorre ricordare quel che è accaduto perché viviamo all’ombra di Auschwitz e, senza conoscere, si rischia di non riconoscere: l’odio per l’altro, il cripto nazismo, l’antisemitismo. La cancellazione delle tracce dello sterminio rischiano di far trascurare i sintomi premonitori di altri stermini”. È il monito con cui Giorgio Mortara, vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e presidente dell’Associazione medica ebraica, ha aperto il convegno “Responsabilità della scienza e etica della cura: la lezione della Shoah e le nuove frontiere della bioetica”, organizzato ieri all’Università degli Studi di Milano, e con il quale è stata inaugurata la mostra “Medicina e Shoah”, realizzata dall’università La Sapienza in collaborazione con l’UCEI e con la cura scientifica di Silvia Marinozzi.
La mostra, che ripercorre la storia della medicina nazista a partire dalle origini dell’eugenetica sino alle politiche razziste e di sterminio del Terzo Reich, è esposta nell’atrio dell’aula magna, di via Festa del Perdono 7 fino al prossimo 2 novembre.
Molteplici e autorevoli gli interventi che hanno caratterizzato il convegno – coordinato da Laura Boella, docente dell’Università di Milano -, che ha aperto diversi spunti di riflessione sulle questioni che legano la Memoria della Shoah, con la bioetica, l’attualità e il futuro della medicina.
“Il fatto che siano coinvolte diverse università, da La Sapienza all’università degli Studi di Milano, a cui poi se ne aggiungeranno altre – ha sottolineato il direttore del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano Gadi Luzzatto Voghera – è un elemento molto importante, che segna un passo avanti nella didattica della Shoah, perché la Memoria tocca noi e il nostro vivere quotidiano. Per questo, per proseguire gli studi, il Cdec mette a disposizione i suoi archivi a storici e ricercatori”.
Ad aprire i lavori del convegno è stato poi l’intervento dello storico Michele Sarfatti, che ha dato un quadro di cosa sia stato il sistema Shoah, parlando dei semi del razzismo in Germania e in Italia. A proposito dell’Italia, Sarfatti ha ricordato come “anche qui c’è stata un’eugenetica seppur diversa da quella nazista ma che comunque merita di essere studiata”. Lo storico ha fatto riferimento alla lettera inviata dal gerarca fascista Galeazzo Ciano agli ambasciatori italiani all’estero affinché evitassero di “far rientrare in patria persone definite tarate. Si tratta – ha sottolineato Sarfatti – di un razzismo interno alla stessa popolazione italiana, fondamento della negazione sostanziale dei diritti che portò alla Shoah”. Un percorso che porta a “ riflettere sul nostro presente e futuro – ha ammonito lo storico – per evitare che cose di questa famiglia si verifichino nuovamente”.
“Come è stato possibile?”, è la domanda che accompagna da sempre lo storico Marcello Pezzetti, direttore della Fondazione del Museo della Shoah di Roma. “Ogni volta che parlo di Shoah si ripresenta sempre questo interrogativo”, ha sottolineato Pezzetti. Lo storico ha poi analizzato il terribile sistema di eugenetica messo in piedi dalla macchina nazista e abbattutosi contro disabili e su chi era considerato non all’altezza della fantomatica “razza ariana”. “È la cancellazione di tutto ciò che è estraneo, visto come un nemico. Un processo di medicalizzazione che porterà le persone a ritenere lecito l’eliminazione del diverso”. E da qui, il richiamo di Pezzetti, alla messa in moto della più grande macchina di sterminio di massa della storia, la Shoah.
Gilberto Corbellini, docente dell’Università La Sapienza: “i nazisti avevano un’etica, – ha sottolineato – si pensavano come un corpo unico, come un organismo da difendere contro gli estranei visti come agenti patogeni”. Tra questi, gli ebrei, risucchiati in un tragico processo di disumanizzazione. “Un sistema in cui vigeva l’attribuzione della colpa alle vittime”, ha spiegato Corbellini, richiamando gli studi di psicologia sociale che parlano del fenomeno del disimpegno morale all’interno della società.
A chiudere il convegno gli interventi di Amedeo Santosuosso, presidente del Centro di Ricerca Interdipartimentale European Centre for Law, Science and New Technologies dell’Università di Pavia, e del genetista del’Università di Milano Giuseppe Testa. Analisi scientifiche che, ha sottolineato Mortara, hanno messo in luce come “le nuove tecnologie abbiano rivoluzionato i parametri ufficiali della bioetica” e come sia stata avviata “un profonda riflessione sia sulle finalità di queste nuove tecnologie che leggono e riscrivono il DNA sia su quale debbano essere i controlli e i limiti” da porre a queste ultime.
d.r.
(7 ottobre 2016)