“Amatrice, questo canto è per te”
Una madrina d’eccezione, per un concerto in memoria delle vittime del terremoto che ha colpito e devastato Amatrice e altre località lo scorso 24 agosto. La cantante e interprete Miriam Meghnagi si è esibita all’Auditorium della Tecnica di Roma, accompagnata da Carlo Cossu al violino e da Giovanni Lo Cascio alle percussioni, con interventi del poeta Jean Portante. Obiettivo della serata, pienamente raggiunto: raccogliere fondi da devolvere in beneficenza alle popolazioni colpite. L’evento, organizzato e promosso, tra gli altri, dalle associazioni “Roamalfa 10” e “Karol Wojtyla” e dalla Caritas, ha avuto un ottimo successo di pubblico.
Come è nata l’idea di un concerto di beneficenza per Amatrice?
Me lo hanno proposto le associazioni promotrici, con diverse delle quali ho una forte amicizia, e ho subito accettato di buon grado. Sul repertorio mi hanno lasciato grande libertà, ho dunque coinvolto due bravissimi musicisti e un poeta di origine abruzzese, Jean Portante, che ha pubblicato un’opera dedicata al terremoto che ha colpito l’Aquila alcuni anni fa. Oltre alla musica, abbiamo fatto una lettura-interpretazione del suo testo, un reading in forma scenica.
Che repertorio musicale avete proposto?
Soprattutto canti inter-religiosi, con influenze dal mondo arabo, ebraico, yiddish e judeo-espanol, dedicati alla separazione e al dolore della perdita, alla polvere che si alza dalla città distrutta, che è la polvere dei ricordi, la polvere bianca dei calcinacci. Tra i pezzi proposti, “Kiria”, che significa “città antica” in aramaico, ripresa dai versi di un poeta del XVII secolo, Shabazi, che parla di ricostruire dalla polvere una città dei sogni, e dedicato proprio ad Amatrice, e poi “Audili”, “ripetimi” in arabo, che insiste molto sull’uguaglianza di tutti di fronte a Dio, con i versi “ripetimi che sono un essere umano”.
Gli ebrei italiani, ma anche lo Stato d’Israele, si sono stretti intorno alla comunità di Amatrice e delle altre località devastate dal terremoto, offrendo aiuto e collaborazione. Che messaggio ha voluto mandare questo concerto, a più di un mese di distanza?
Ho seguito con attenzione l’intervento umanitario di Israele, ne sono stata molto grata. Israele è sempre presente e di aiuto in situazioni di calamità. Sono stata felice di ricevere questo invito, di poter dare un contributo con la mia musica, che attraversa il mondo ebraico e dialoga in tante lingue. Il canto è per sua natura strumento di pace e di ricostruzione, nasce dell’assenza e dal dolore, dalla gioia e dal ricordo. È un ponte trasparente sugli abissi dell’odio.
Lei è tra le principali interpreti del repertorio sefardita ed è stata tra le primissime artiste a far conoscere più in generale la musica ebraica in Italia.
Che progetti ha nel cassetto Miriam Meghnagi?
Ho il desiderio di far conoscere a chi mi ascolta la varietà culturale del mondo ebraico, e in particolare quello delle mie radici, di Tripoli. Per questo, per l’anniversario del prossimo anno, in occasione degli appuntamenti per i cinquant’anni dalla fuga degli ebrei dalla Libia, mi piacerebbe portare in scena uno spettacolo che attraversi quel dolore, ma anche la gioia dell’esistenza, che parli di quelle tradizioni ebraiche antiche, della musica, della lingua, e anche dell’ironia e dell’attitudine positiva verso la vita degli ebrei di Libia.
Marco Di Porto
(11 ottobre 2016)