Nostalgia
Vorrei essere piccolo come quella bimba di due mesi, ho sentito dire un bambino, perché così non saprei che cos’è la nostalgia. Ma pensa a quanto di bello hai, lo sollecita un altro, non pensare solo alle cose di prima! Concordo, e riflettendo sulla tentazione di guardare indietro menziono la nostalgia dell’Egitto provata daiFigli d’Israele una volta lasciato Mitzraim, quando nel deserto rimpiangevano la carne egiziana, e come la moglie di Lot, guardando indietro verso Sedom distrutta, divenne una statua di sale.
Che nostalgia potevano avere gli israeliti dell’Egitto, dove erano stati schiavi? In effetti avrebbero dovuto pensare più alle pene patite sotto la schiavitù che non al buon cibo, ma l’uomo tende a idealizzare il passato ricordandone solo gli aspetti positivi e trasformando i ricordi in una rassicurante consolazione per le incertezze del presente e per il timore del futuro.
Tra me e me, mentre i ragazzi discutono tra di loro, mi interrogo sui rischi idolatri della nostalgia, con il suo potere di cristallizzarci ad inseguire ricordi edulcorati, impedendoci di provare a vivere il presente. A metterci al riparo dal rischio di crogiolarci nella nostalgia intervengono ora Shemini Atzeret e Simchat Torà: Sukkot sta finendo, ci prepariamo a tornare a mangiare nelle nostre case, ma ogni eventuale tristezza per la fine delle feste del mese di Tishrì è allontanato l’ottavo giorno di Sukkot che la Torà ci comanda essere atzeret (Vayqrà 23:36), un modo per trattenere ancora un po’ la festa e separarci da essa senza rimpianto.
Subito dopo infatti ci sono le Hakafot, i balli con i Sefarim, a onorare la Torah la cui lettura finisce e immediatamente ricomincia senza interruzione. Perché la Torah è così importante che la sua lettura non si interrompe mai, e perché danzare tutti insieme in circolo è insieme accogliente ed inclusivo e ci esorta a guardare avanti.
Sara Valentina Di Palma
(20 ottobre 2016)