A ritmi alternati
In anni come questo, in cui i giorni festivi non sono mai durante il weekend, Tishrì diventa un mese curiosamente bifronte, in cui si vive a ritmi alternati: tre giorni (più la sera della vigilia) di calma e quattro frenetici di maratone per recuperare le cose non fatte nei giorni festivi: lezioni da preparare, compiti da correggere, cumuli di mail a cui rispondere. Costruire e mantenere intorno a sé l’atmosfera gioiosa della festa in giorni che per tutti intorno a noi sono feriali è una sfida difficile ma entusiasmante. E a Sukkot, tra giorni di festa e mezza festa, la sfida si fa ancora più difficile e l’atmosfera festiva si regge su equilibri molto precari; del resto Sukkot non è appunto la festa della precarietà? Poi alla fine arriva la Simchat Torah, tra canti e balli e grande allegria, e dal giorno dopo inizia il periodo più lungo del calendario ebraico senza feste o ricorrenze: chissà se in fondo, oltre a gioire per la Torah, non festeggiamo anche un po’ il ritorno a una routine quotidiana che, dopo un mese sopra le righe, ci appare in una luce molto più gradevole del solito?
Anna Segre, insegnante
(21 ottobre 2016)