Oltremare – Cinema
L’espressione “fare un cinema” era parte del mio lessico famigliare di bambina in Italia, e significava fare i capricci o esagerare. Da allora di cinema ne ho visto tanto ma fatto ancora poco, salvo all’interno della metafora. In Israele invece, l’espressione cinematografica più popolare invece è “chai be-seret”, riferita a qualcuno che pensa, dice o fa una cosa senza senso, come se appunto vivesse dentro un film.
Chi come me ha una seria dipendenza da sala cinematografica, all’arrivo in Israele passa due fasi ben distinte: la prima, in cui andare al cinema significa informarsi su che lingua è parlata nel film, e quali sottotitoli sono disponibili. In Israele i film sono sottotitolati e nessuno si sogna nemmeno di mettere una voce falsa e parole tradotte in bocca ad alcun personaggio sullo schermo, per fortuna. Quindi se non si sa l’ebraico abbastanza bene le alternative sono due: o si è sufficientemente incoscienti come la sottoscritta e ci si sottopone da subito a ore di fatica cerebrale invece di andare al cinema a rilassarsi, o ai film israeliani non si arriva che dopo anni dall’aliyah. Ed è un peccato, perchè non c’è quasi nulla quanto il cinema, che può insegnare una società e una cultura a dei nuovi arrivati.
La seconda fase è appunto quella in cui si sa l’ebraico abbastanza bene da vedere un film e rilassarsi anche, e lì comincia il problema che i film israeliani non sono particolarmente rilassanti – o così si dice in giro. E’ un pregiudizio basato sui film degli anni Novanta, ma non importa. Il problema vero è che per vederli bisogna prenderli al volo, che come sono messi in cartellone ne scendono in un battibaleno. Questo riguarda in realtà tutti i film, ma quelli israeliani si vede che sono più uguali degli altri, perchè a volte durano due settimane e poi scompaiono senza lasciare traccia.
Il che conferma la regola generale che in Israele si vive in fretta, tutto tremendamente veloce, che uno viva fuori o dentro a un film.
Daniela Fubini, Tel Aviv twitter @d_fubini
(31 ottobre 2016)