DEMENZA DIGITALE Stati Uniti, l’antisemitismo corre su twitter
“Non mi sono mai sentito più ebreo e meno americano” queste parole sono state pubblicate nella notte su twitter da Peter Beinart, giornalista liberal che scrive per varie testate americane e non solo. Tra le preoccupazioni espresse da Beinart, anche il fatto che, in alcuni settori del bacino elettorale del nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump, sono emersi più volte netti sentimenti antisemiti, come già segnalato da molti media – tra cui Guardian, New York Times, New Yorker, Vox e The Atlantic e recentemente raccontato dalla redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Una realtà evidente sui social media, con in particolare twitter che è diventato un mezzo molto utilizzato da certi gruppi per offendere, aggredire e minacciare, in una nuova ondata di antisemitismo digitale che ha visto tra i protagonisti molti utenti definitisi sostenitori di Trump e rivolta in particolare contro giornalisti ebrei. Recentemente hanno ricevuto o sono stati citati in tweet antisemiti tra gli altri Ben Shapiro, Yair Rosenberg e Nate Cohn, un fenomeno sempre più frequente quando personaggi noti della comunità ebraica americana si esprimono su twitter. Nella notte Beinart aveva ricordato, sempre via twitter, che “as a kid, I’d tell my grandmother anti-Semitism wasn’t a problem in America. She’d say “don’t get too comfortable”ossia che quando da bambino diceva a sua nonna che in America l’antisemitismo non era più un problema si sentiva rispondere “Non metterti troppo comodo”. Ha anche ricordato, sempre sullo stesso media, che solo il 18 per cento dell’elettorato ebraico ha votato per Trump (“Only 18% of Jews voted for Trump. We voted like African Americans, Latinos + Muslims, not like other whites”).
Nelle scorse ore Beinart ha scritto in un suo articolo: “Non mi sono mai sentito meno americano e più ebreo. Come americano, un americano bianco, mi sono sempre sentito al sicuro. Ho sempre dato per scontato che il mio Paese sarebbe stato stabile. Ho sempre considerato che la Costituzione avrebbe posto un freno alla tendenza che ha il potere di corrompere tutto. Non ho mai avuto paura del mio governo né delle persone con cui condivido la patria. Non li ho mai odiati”, ma, invece, ha sempre avuto fiducia – continua – nel progresso, un progresso che anche se talvolta irregolare, è continuo. Ma nella notte al tweet in cui dichiarava di non essersi mai sentito più ebreo e meno americano sono arrivate ondate di risposte esplicitamente antisemite. Un flame di odio online che ha fatto riferimento ai forni crematori, alle camere a gas, definendolo parassita, o molto peggio. L’antisemitismo ha trovato nell’era digitale un accelerazione notevole, che online si manifesta particolarmente in quelle aree dove vanno forte forum come il Daily Stormer, che alle prime notizie dei successi di Trump hanno iniziato a pubblicare post sul “problema ebraico”. Tra agosto 2015 e luglio 2016 secondo uno studio dell’Anti-Defamation League (ADL) sono stati pubblicati più di due milioni e mezzo di tweet antisemiti, e tra di essi quasi ventimila erano indirizzati a ottocento giornalisti ebrei. Nel 2016 però, la frequenza e l’intensità di simili campagne d’odio è aumentata in maniera significativa e molti dei loro autori hanno espresso esplicitamente il proprio sostegno al candidato Trump più frequentemente che verso altri candidati.
L’auspicio dell’ebraismo americano è che il nuovo presidente prenda una posizione forte contro questi comportamenti.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
(9 novembre 2016)