In ascolto – Aretha Franklin

milanoCi sono voci benedette dal cielo. Si tratta di grande tesoro, ma non è detto che chi lo possiede sappia farne buon uso. D’altro canto ci sono artisti che con strumenti più modesti compiono percorsi musicali profondi e originali attraverso cui riescono a creare la propria personalità, assolutamente unica. Aretha Franklin ha entrambe le cose. Nasce nel 1942 a Memphis, il papà è un predicatore battista molto conosciuto, la mamma è una cantante gospel che lascia marito e figli ancora piccoli. Aretha dimostra fin da subito un talento davvero unico e inizia a cantare il gospel giovanissima. Negli anni 60 è ormai riconosciuta come la regina del soul, i suoi brani sono in cima alle classifiche e le case discografiche fanno a gara per averla nella propria scuderia. Nella sua lunga carriera vincerà 21 Grammy Award.
Per puro caso, proprio in questi giorni mi è capitato sotto gli occhi il video di una sua performance, datata 30 dicembre 2015, che mi era sfuggito. Siamo al Kennedy Center, la sala è gremita, la telecamera inquadra Michelle e Barack Obama. Dalle quinte entra Aretha Franklin, avvolta in una pelliccia lunga fino ai piedi e con un piglio che fa spalancare gli occhi al pubblico, la signora del gospel, del blues e dell’R&B, alla bella età di 73 anni, prende posto al pianoforte e inizia a suonare. Canta “You make me feel like a Natural Woman”, uno dei suoi brani più famosi, con una grinta e una presenza scenica che molte cantanti decisamente più giovani possono solo sognare.
“You make me feel like a Natural Woman”, incisa nel 1967 per la Atlantic e premiata con il Grammy Hall of Fame Award nel 1999, fu scritta da Gerry Goffin e Carole King, la coppia a cui dobbiamo molte canzoni famose negli anni ‘60.
Gerry Goffin nasce nel 1939 a Brooklyn e dopo la separazione dei genitori cresce accanto al nonno, un ebreo immigrato dalla Russia che a New York fa il pellicciaio. All’università conosce Carole Klein, figlia di due ebrei americani. Carole ricorda con profondo affetto la nonna, che le raccontava dei pogrom in Russia e della difficile decisione di lasciare la propria casa per cercare rifugio in America. È proprio la nonna a trasmetterle la grande passione per la musica, come svela Carole nella sua autobiografia. “Si chiamava Sarah Besmogin. Quando aveva 12 anni Sarah vide una ragazzina della sua età che suonava il pianoforte e quell’immagine divenne per lei il simbolo di una ricchezza e di una realizzazione a cui lei non avrebbe mai potuto aspirare. E così decise di diventare una eshet chail, una donna di valore”. Ma quell’immagine le resta impressa e decide di donarla alla nipote nella nuova terra, quella terra in cui ogni sogno sembra possibile, la terra in cui Carole Klein diventa Carole King e scrive un pezzo di storia della musica.

Maria Teresa Milano

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