Voci a confronto dopo il voto
“Populismo una grave minaccia”
Inquietudine per il futuro. Un futuro che si annuncia particolarmente intricato e complesso. È una posizione comune agli opinionisti del portale dell’ebraismo italiano www.moked.it che abbiamo contattato per una prima valutazione sugli esiti del referendum costituzionale.
La minaccia populista è all’orizzonte, avverte la storica Anna Foa. “Ci stiamo rotolando con compiacimento e incoscienza” scrive nella sua rubrica settimanale, invitando a guardare al caso austriaco come a uno dei pochi segnali di speranza arrivati in questi ultimi mesi dal Vecchio Continente. L’unico forse cui aggrapparsi per ripartire. C’è infatti un rischio concreto, aggiunge Foa. “Ed è quello di consegnare l’Italia ai Salvini e ai Grillo”.
“L’equazione tra ‘poteri forti’, e quindi ‘occulti’, e l’intollerabilità della presenza delle minoranze, che sarebbero dietro di essi, è purtroppo un classico della storia, recente e non. Non ci troveremmo, quindi, dinanzi ad un inedito. Ai mutamenti intervenuti negli anni Venti e Trenta del secolo trascorso, sappiamo bene cosa (e come) si è risposto. La storia non si ripete mai ma certi moventi di fondo, purtroppo, tendono a ripresentarsi” riflette lo storico Claudio Vercelli. “Sì, sono preoccupato. Soprattutto – aggiunge Vercelli – dinanzi al rischio di una saldatura tra quella parte di collettività che non si sente più rappresentata e una ‘offerta politica’ che recupera fantasmi mai del tutto scomparsi”.
L’Italia? Per David Bidussa, storico sociale delle idee, rischia di trasformarsi in un Paese sempre più “incerto e senza futuro”. Anche perché il voto di protesta, osserva, “non rappresenta un voto di governo, ma un fronte disunito di forze politiche incompatibili”.
Ma la paralisi non è una strada praticabile, aggiunge Bidussa, soprattutto in vista della scadenza del 31 dicembre come data ultima per l’approvazione della Legge di Bilancio. “Chi sarà ad occuparsene? Come si sbrigherà questa incombenza, la più importante per qualsivoglia governo? È forse la domanda più attuale oggi”.
“Corriamo un grande rischio, e questa campagna elettorale l’ha dimostrato. L’imbarbarimento digitale, una violenza verbale che è arrivata a livelli intollerabili e che viene sempre più spesso veicolata attraverso il web e i social network. Dobbiamo tenere alta la guardia” dice Mario Avagliano, storico e giornalista. Il nostro interlocutore si dice comunque fiducioso sul fatto che, malgrado l’intensità del pericolo, le istituzioni democratiche sapranno resistere all’urto del populismo e alle bufale in serie.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(5 dicembre 2016)