Eletti dal popolo
In questi ultimi giorni abbiamo visto la caduta di un governo e la nascita del successivo; tutto, ovviamente, secondo le modalità previste dalla nostra Costituzione, quella stessa Costituzione che una schiacciante maggioranza di italiani ha dimostrato di voler difendere con le unghie e con i denti (o, per lo meno, questo in teoria dovrebbe essere il senso dell’esito del referendum del 4 dicembre). Eppure, molti tra coloro che più accanitamente sembravano voler difendere la Costituzione hanno contestato a gran voce (fino al punto di non partecipare al voto sulla fiducia) la legittimità di un governo designato secondo le modalità e le procedure previste dalla Costituzione. Confesso che faccio un po’ fatica a capire la logica che sta dietro a queste contestazioni. Si parla di leader illegittimi perché non scelti dal popolo. Ma chi è il popolo? E con quali modalità si esprime?
Una curiosa moda degli ultimi tempi è quella di considerare “eletto dal popolo” solo un leader che abbia vinto le elezioni quale candidato ufficiale del proprio partito o schieramento, indipendentemente dalle modalità con cui quel partito o schieramento è arrivato a sceglierlo. Quindi si considera “eletto dal popolo” un miliardario che ha fondato dal nulla un partito-azienda e per vent’anni ha proclamato di essere lui il leader indiscusso e indiscutibile del centrodestra, senza una reale possibilità di discussione e confronto. E forse tra qualche mese si dichiarerà “eletto dal popolo” un premier che nel migliore dei casi sarà stato scelto da poche migliaia di iscritti attraverso una votazione on line.
Viceversa, non era considerato “eletto dal popolo” il segretario del partito di maggioranza relativa, designato alla segreteria attraverso elezioni primarie a cui avevano partecipato 2.814.881 persone e in cui aveva ricevuto 1.895.332voti.A quanto pare autoproclamarsi o essere designati con pochi voti on line secondo procedure segrete e misteriose suona romantico. Diventare segretario del proprio partito, e di conseguenza premier, perché quasi tre milioni di persone si sono recate a un seggio, hanno atteso pazientemente in coda e hanno espresso il loro voto suona invece freddo e burocratico, lontano dalla mentalità della gente “vera”.
Questa tendenza a gridare alla mancanza di democrazia sulla base di criteri che appaiono ragionevoli solo perché ripetuti ossessivamente mi sembra effettivamente il sintomo di una democrazia in crisi.
Anna Segre
(16 dicembre 2016)