…destino

In un testo del dopoguerra – “Kol Dodì Dofek” – il grande rabbino ortodosso Joseph Soloveitchik (1903-1993) sviluppava un’importante riflessione sull’etica umana di fronte all’incommensurabilità del male, dopo la Shoah. Il suo ragionamento, mi pare, fa definitivamente giustizia del generico assunto ripetuto da commentatori superficiali secondo cui Auschwitz rappresenterebbe un evento in cui si è manifestata la “malvagità dell’essere umano”. I fondamenti teorici del pensiero di Soloveitchik si basano sulla necessità di dare un senso all’etica, al comportamento dell’uomo, proprio di fronte al male, sfuggendo alla tentazione di fare di tutta l’erba un fascio, accusando in maniera generalizzata e inconcludente (quindi di fatto assolutoria) tutta l’umanità. Bisogna, secondo lui, distinguere bene fra Goral (sorte) e Yi’ud (destino). Solo due cose capitano in “sorte” all’essere umano, la nascita e la morte. Ma nel corso della sua vita il “destino” è nelle sue mani, è lì che l’uomo – come scrive Franz Rosenzweig – si fa luogotenente di Dio e può compiere consapevolmente, con l’azione, una scelta fra bene e male. Questo richiamo al valore supremo dell’etica mi sembra che faccia la differenza, e mi piacerebbe che assumesse un ruolo centrale nelle prossime riflessioni che accompagneranno il Giorno della Memoria.

Gadi Luzzatto Voghera, storico

(13 gennaio 2017)