melamed – 39 di meno
“Espulsi dall’Alfieri!” titola minacciosamente in rosso la locandina appesa in tutte le classi. È la settimana del recupero: gli allievi privi di insufficienze sono in giro per cinema e musei, altri sono immersi in varie attività, tra cui naturalmente predominano le immancabili versioni di greco e latino. Non ho i dati per misurare l’impatto della locandina, ma dovrebbe essere riuscita a catturare almeno un’occhiata distratta; ed è proprio l’occhiata distratta quella che fa trasalire, che annulla i 78 anni trascorsi e sottolinea il dato evidente ma finora non avvertito: il Giorno della Memoria non riguarda (o, per lo meno, non solo) fatti lontani avvenuti altrove, certo, importanti per la loro tragica unicità e per gli insegnamenti che trasmettono ma senza una diretta attinenza con la nostra vita quotidiana. Riguarda anche noi, il Liceo Classico Vittorio Alfieri, che nel corso degli anni ha cambiato sede ma conserva ancora nei suoi archivi un secolo di registri, pagelle e corrispondenza ufficiale. Ed è attraverso uno studio attento di quei registri che una ricerca di alcuni anni fa era riuscita ad appurare un dato abbastanza clamoroso: ben 39 allievi iscritti all’anno scolastico 1937-38, o che avevano superato l’esame di ammissione per la prima ginnasio (allora il Liceo Alfieri comprendeva anche quella che poi sarà chiamata scuola media), non ebbero la possibilità di frequentare l’anno scolastico 1938-39. Considerando che allora l’Alfieri non doveva contare più di poche centinaia di iscritti si tratta di un numero che non poteva passare inosservato. Eppure allora l’espulsione di 39 compagni probabilmente passò così, forse notata meno della locandina di oggi, un’informazione percepita distrattamente, magari durante gli esami di riparazione, tra una versione di greco e una di latino. E nei decenni successivi nessuno ci ha più pensato. Pochi anni fa una mostra curata dall’associazione degli ex allievi proponeva nella cronologia come evento cruciale del 1938 la vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio.
Da questi 39 nomi, che negli ultimi mesi tre insegnanti con un gruppo di allievi hanno cercato di ricostruire (riuscendoci peraltro solo in parte perché nel frattempo gli archivi sono diventati meno agevoli da consultare), sono venute fuori le storie: la corrispondenza con il Preside ci parla di certificati di battesimo più o meno in tempo per essere considerati validi, ex combattenti che sperano invano che il loro status di discriminati possa permettere un’eccezione per i propri figli. Poi, attraverso libri, internet contatti, conoscenze, un annuncio sul notiziario della Comunità ebraica (che ci ha permesso di individuare e intervistare due degli allievi espulsi) e purtroppo anche grazie al Libro della Memoria, siamo riusciti a ricostruire alcune storie, che riflettono il variegato mondo dell’ebraismo torinese, da Riccardo ed Elena Ovazza figli del fondatore del giornale ebraico fascista “La nostra bandiera”, che saranno trucidati con i genitori a Intra l’11 ottobre 1943, all’insegnante Giorgina Levi che trascorrerà sette anni in Bolivia e sarà poi deputata del Partito Comunista Italiano (Giorgina racconterà più volte del penoso commiato dal Preside, che in quell’occasione le aveva chiesto notizie del “complotto giudaico plutocratico massonico”). E poi vicende di rocambolesche fughe in Svizzera (come quella raccontata al telefono da Carla Segre Jarach a una classe attentissima), esili, resistenza (il partigiano Enrico Avigdor che sarà deportato a Flossemburg e vi morirà negli ultimi mesi della guerra), deportazioni: sono ben quattro i nomi degli ex allievi dell’Alfieri che risultano deportati ad Auschwitz, Guido Foa, Arturo Levi, Eva Levy, Elena Recanati; solo quest’ultima farà ritorno.
Da questa ricerca gli allievi hanno ricavato una lezione-spettacolo che sarà presentata martedì prossimo, 24 gennaio, alle 17,30 nell’Aula Magna del Liceo Alfieri (corso Dante 80). Un primo passo per un lavoro che meriterà certamente di essere approfondito nei prossimi anni. Comunque sia, d’ora in poi, mi auguro, sarà difficile dimenticare che le vittime della Shoah erano persone reali, con voti e pagelle, storie, magari figli e nipoti (a volte alfierini anche loro). E, almeno al Liceo Alfieri, sarà davvero difficile tirare fuori il solito tormentone “ma perché si parla sempre di Shoah e non di tante altre cose?”
Anna Segre
(20 gennaio 2017)